c’è posta per me?


c’è posta per me?

Controllare e monitorare mail, sms, messaggi e like su facebook , twitter, ecc... è stato all’inizio una piacevole divagazione che punteggiava gradevolmente i momenti di svago. Si leggeva, ci si compiaceva, talvolta ci si irritava per  qualche incomprensione a distanza, si rispondeva e si monitorava magari a fine giornata. Poi, insinuatasi tra brevissimi momenti di pausa dal lavoro è diventata un’abitudine, non una tra le tante, piuttosto l’abitudine da cui si veniva ri-chiamati con una frequenza sempre maggiore: ci si sentiva soddisfatti e gratificati dalla nostra aumentata abilità di rapida ed efficace comunicazione, conquistati da quella frizzante operosità condivisa dalla cerchia di colleghi, amici, parenti e nuovi amici -sempre più numerosi …on line- che ci restituiva la percezione di essere davvero integrati. E ora? Ora ciò che, pur era prevedibile e che si è scelto, spesso inconsapevolmente, di ignorare ci sta investendo in tutta la sua furia: non siamo più noi a gestire il gioco, ne siamo inerti e affaticati dipendenti. La nostra mente è invasa, perennemente occupata da commenti, notizie, mancate o errate risposte, equivoci, pettegolezzi e, mentre siamo occupati su altro, il nostro cervello continua a “rimuginare” questo gran contenitore, informe e traboccante e denso, soprattutto denso di particolari che ci angustiano e ci irritano. La comunicazione con gli altri si rivela in tutta la sua complessità e, condizionata dai tempi brevissimi, dalla perenne e turbolenta frettolosità ingenera continui equivoci  e fraintendimenti che sentiamo il dovere, per noi, per la nostra immagine, per chiarire o smentire, di rispondere e di tornare a quelle pagine dei social ossessionati da quanto e cosa nel frattempo è stato da altri scritto, detto, lanciato. Ed eccoci letteralmente preda dell’ansia di verificare in un ritmo che non conosce sosta, sì proprio come accade per chi investe in Borsa (ma dov’è il “nostro” guadagno?), come se potessimo poi controllare davvero 24/24 ore. La domanda ansiosa è ossessivamente la stessa: c’è posta per me?

 

Ci sono succulente giustificazioni a difesa dei malcapitati: la novità, l’ebrezza della comunicazione in tempo reale e della risposta immediata, la visibilità, la condivisione o, meglio, la comune distorsione di ciò che significa condivisione, l’immediata disponibilità di strumenti (cellulari di ultima, ma anche terzultima generazione, smartphone, tablet…) che consentono di navigare a piacimento senza dover passare dal pc. E, tuttavia, le giustificazioni non sono sufficienti a restituirci quelle libertà a cui per grave frivolezza abbiamo rinunciato e ci ritroviamo agitati, stressati, continuamente in debito di notizie di qualunque genere, confusi esattamente come chi è preda e non gestore del proprio tempo. Come diversamente definire la situazione se non “mania collettiva”?   Sì, frivolezza è stata ed è tuttora, piuttosto che leggerezza, perché esiste una leggerezza della pensosità, così come tutti sappiamo che esiste una leggerezza della frivolezza; anzi, la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca [e]  nella vita tutto quello che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso insostenibile, Italo Calvino, Lezioni americane.

Quella che abbiamo inteso come integrazione e condivisione, si è rivelata omologazione e dunque risulta essere fenomeno diffuso certamente ma del quale a molti, se non a ciascuno, sfugge il senso e dal quale quindi non si trae autentico apporto per il proprio bene-essere, come da un gioco ci si attenderebbe.

Cambiano i tempi, cambiano i giochi, ma per salvaguardare la nostra prerogativa di esseri umani resta essenziale la responsabilità di stabilire e ri-stabilire equilibrio tra noi e il mondo. Le nostre radici umane, ben più che culturali, lo dettano da tempi immemorabili: Conosci te stesso - Niente in eccesso, Tempio di Apollo-  Delfi. La ricerca della conoscenza di sé e il principio di moderazione si completano a vicenda. L’uomo consapevole di se stesso ammette i propri limiti e dunque non li oltrepassa. Una persona capace di identificare equilibratamente e conoscere le emozioni che prova e i propri desideri, riesce in certa misura a vederli dall’esterno e a distanziarsene, cosa che riduce il rischio che la propria mente venga dominata da essi o che questi abbiano un  eccessivo potere sulle sue azioni. Dalla sua impostazione umanistica il counseling trae la sua efficacissima forza.

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi  

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