BULLISMO A SCUOLA
Un clima caldo per stanare il bullo che c'è in noi e negli altri
La maggioranza dei ragazzi non desidera assumere ruoli di vittima e non tollera soprusi e questo è già un buon punto di partenza per una collaborazione con/tra i ragazzi. Il problema risiede nella socialità della scuola e del gruppo classe e gli interventi vanno mirati per costruire rapporti di rispetto, fiducia, stima reciproci che regolino la serenità dell’ambiente.
L’ambiente e il clima che si creano aiutano i ragazzi a non accumulare rabbia da sfogare prevenendo l’istaurarsi di un rapporto carnefice-vittima. Reprimere atti di bullismo è necessario ma per prevenire va preparato un terreno maggiormente affettivo.
Il ruolo dell’ affettività e delle emozioni nell’istruzione non va assolutamente trascurato; la speranza, l’orgoglio, il gusto di imparare predispongono i ragazzi ad una motivazione intrinseca allo studio che li porta a padroneggiare la loro conoscenza e l’insegnante che dà più importanza al gusto di apprendere anzichè ai “bei voti” eviterà quelle alzate di mano con “io...io...io...” che portano a inutili e dannose competizioni tra i nostri ragazzi.
A scuola da una parte si deve esplicitare una linea con obiettivi concordati anche con i genitori, in modo che i potenziali bulli avvertano il senso di un isolamento e dall'altra occorre favorire una cultura alla solidarietà che sia concretamente condivisibile dai ragazzi e per questo non soltanto repressiva ma che punti al gusto dell’empatia con l’altro, all’ascolto, a regole e azioni volte al rispetto e che induca al senso della responsabilità e allo sviluppo della collaborazione con conseguente bisogno di stanare il bullo che c’è in noi e negli altri.
Trascurare il fenomeno del bullismo significa assecondare: la prima strategia è la fase della prevenzione che si attiva prima di tutto nella costruzione di un ambiente efficace a favorire un senso del sé integrato e unitario che faccia sentire i ragazzi in armonia, oltre che con se stessi, nella relazione con gli altri desiderando di appartenere al gruppo con cui condivide la propria socialità e i propri saperi desiderando di prendersi cura degli altri e accettando le cure degli altri per soddisfazione e non per riconoscimento. L'affettività deve circolare. Ma è altrettanto vero che non dobbiamo spaventarci se in alcuni momenti attraversiamo la rabbia o il vittimismo perché sarà l’uso che ne facciamo che ci permetterà di non lasciarci ingabbiare nel ruolo di aggressore o vittima.
Ogni giorno la fatica del docente sta nel guardare il discente con occhi nuovi incitandolo a lasciar emergere il miglior se stesso possibile scostando quel velo che fa da alone e non permette di vedere nell’altro il cambiamento tra ieri e oggi.
ESPERIENZA IN CLASSE: Risoluzione di conflitti in una seconda media
Marianna è esasperata dalle prese in giro di alcuni compagni e mi scrive un biglietto con una richiesta di aiuto esplicita: “Cara Patrizia ti scrivo perché mi stanno riprendendo in giro. Mi dicono sempre DUMBO [...] io però se continuano così cambierò scuola, perché non posso continuare a fare la mia infanzia così male. Quando facciamo il circle time? BASTA! Non ce la faccio più! il mio compagno di banco è noioso, poi giura che io amo Livio e Mario e io mi incavolo […]”
Potrei fare una ramanzina ma non credo nelle paternali, potrei pensare che sono modalità usuali tra ragazzi ma non credo nello sminuire le loro problematiche, potrei optare per una punizione ma non li ho colti sul fatto. La richiesta di risolvere attraverso uno scambio affettuoso in cerchio utilizzando la tecnica del circe time è palese e io ritengo che sia, in questo caso, l’intervento più efficace per imparare ad ascoltare chi, come te, ha avuto lo stesso problema.
Seduti in cerchio informo i ragazzi della tematica AMICIZIA che affronteremo chiarendo che parte da una richiesta specifica. Iniziamo con serenità e con obiettività un brainstorming sulla parola amicizia.
Cos’è per voi l’amicizia?
Essere uniti, fedeltà, serietà, stare insieme, felicità, giocare alla play, divertirsi, fiducia, divertimento, legame, amicizia, amore, volersi bene, onestà, sincerità, spensieratezza, pazzia, armonia, completezza, complicità, allegria, ‘l’unione fa la forza ’
Cos'è per voi essere compagni di scuola ?
Amicizia, esperienza, immaturità, confidenza, aiuto, consigliere, complicità, stare insieme, giocare, gioia, aiutarsi,sfogarsi e rispetto? Non ridere dell’altro, uguaglianza, non giudicare, apprezzare, non prendersi in giro, non prendersi gioco dell’altro, non insultare, non dare fastidio,stimare, scambiarsi le idee, usare gentilezza, diventare maturi
Perché qualcuno avverte la mancanza di rispetto e altri no?
Perché siamo diversi, dipende dalle persone, può essere per paura,gelosia, qualcuno se la prende troppo, qualcuno non da valore al rispetto, c’è chi è troppo orgoglioso, permaloso, presuntuoso, invidioso …perché qualcuno ha la necessità di mancare di rispetto? Per sentirsi superiore, per stupidità, immaturità, superficialità, per attirare l’attenzione, per farsi notare
Cos’è lo scherzo? Una battuta, divertimento, gioco e cos’è un dispetto? E’ uno scherzo che va dentro, vendetta, scherzo esagerato , scherzo crudele , deridere per offendere
A chi è capitato a scuola di fare e ricevere dispetti. Tutti alziamo la mano
Chi racconta? Ho buttato la penna nuova del mio compagno dalla finestra; Gli ho attaccato un foglietto dietro la schiena con la scritta “sono un pollo”; Ho buttato una calcolatrice dalla finestra; Ho scritto sulla pelle di Dario; Mi hanno buttato nel secchio il solido di geometria che avevo costruito; Mi hanno buttato per terra il diario e me lo hanno distrutto; Mi hanno sporcato la felpa nuova con l’uniposca; A me hanno sporcato i pantaloni con l’evidenziatore; Qualcuno mi ha spezzato in due le matite e preso a calci la cartellina; Ho versato tutto il contenuto dell’astuccio per terra ma poi gliel’ho raccolto; Ho scritto cose antipatiche sul suo diario; Ho lanciato una palletta in un occhio a Mario; Ho ricevuto un uno scappellotto forte sulla testa; A noi due ci chiamano emo-depresse.
La scambio di idee e i racconti sono veramente sinceri e sentiti, qualcuno sdrammatizza con una battuta, qualcuno ha il nodo in gola. Tutti avevano un gran bisogno di mettere le cose in chiaro perché alcune persone stavano esagerando e altre ne erano veramente esasperate. La determinazione di Anna e Paola di non voler mai più essere soprannominate emo-depresse mi spinge ad intervenire con l’azione. Invito prima Paola, più timida, ad alzarsi e a porsi di fronte al compagno umiliante e le chiedo di affermare con decisione e a voce alta: ”non voglio più essere chiamata così né da te e né da nessun altro. Non te lo permetto”, timidamente viene fuori la sua fermezza e il compagno, scoperto, sembra comprendere e assicura che non accadrà più. Si prosegue il dialogo mirato alla risoluzione dei conflitti.
Patrizia Aminta Infantino, Counselor Olistico Pedagogico, Docente di Sostegno Scuola Superiore di primo grado
Tratto dal libro di Aminta Patrizia Infantino Alunni Speciali. Apprendere l'inclusione a scuola. Ed La Meridiana 2012
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