CONVIVENZA PACIFICA DI CULTURE DIVERSE: COME AFFRONTARE LA DIVERSITA’

Inviato da Stefano Agati

babele

“Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro. Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra”. (Gen. 11, 1-9) Nelle liberaldemocrazie occidentali si parla di multiculturalismo a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso, nei tre Paesi a maggiore immigrazione (USA, Canada e Australia), c’è stato il passaggio da un modello assimilazionista (Anglo-conformity), ad un modello secondo il quale l’integrazione degli immigrati esige che la loro inclusione consenta la conservazione della propria specificità culturale. A causa del clima socio-politico venutosi a creare all’indomani dell’11settembre 2001, si è parlato di fallimento delle politiche multiculturali.

“Perciò sostengono i detrattori odierni del multiculturalismo, bisogna sostituire le fallimentari politiche multiculturali con nuove politiche di integrazione civica che riportino alcuni valori tradizionali quali libertà di espressione di culto, l’uguaglianza dei diritti e il rispetto della legge, al centro della vita collettiva delle liberaldemocrazie occidentali” (Melidoro, 2015, 14). Secondo Steven Vertovec e Susanne Wessendorf il discorso sulla crisi del multiculturalismo si articola in punti distinti che sono spesso usati congiuntamente oppure in modo che uno dipenda dall’altro.

1) Il Multiculturalismo è un’ideologia immutabile, addirittura un dogmache impone alle minoranze di non integrarsi.

2) Il Multiculturalismo inteso come ideologia di Stato soffoca il dibattito poiché impone un atteggiamento (di political correctness) che impedisce di discutere di questioni come l’immigrazione in termini concreti.

3) Il Multiculturalismo ha alimentato le separazione tra maggioranza e minoranze etniche, consentendo a queste ultime di vivere vite paralleleanziché integrarsi.

4) Il Multiculturalismo impedisce alle minoranze di avere una vita in comune con altri gruppi e, anzi, alimenta i conflitti etnici.

5) Il Multiculturalismo equivale al relativismo culturale e, dunque, non ha gli strumenti per opporsi ad alcune pratiche tipiche dei gruppi culturali tradizionalisti (matrimoni combinati, diseguaglianze di genere,etc.)

6) L’ideologia multiculturale impedisce di venire a conoscenza dei problemi delle minoranze etniche.

7) Il Multiculturalismo potrebbe alimentare il fenomeno del terrorismo. “A proposito della crisi delle politiche pubbliche ispirate al multiculturalismo, la riflessione teorica si è polarizzata attorno a due possibili posizioni.

Da un lato c’è chi, come Will Kymlicka (2012) o Tariq Modood (2013), ritiene che tutto il parlare di multiculturalismo in crisisia più un esercizio retorico che una descrizione della realtà. Kymlicka ha elaborato un indice delle politiche multiculturali (Banting e Kymlicka, 2006, 2013) che rappresenta un tentativo di misurare l’evoluzione delle politiche multiculturali in modo comparativo”. (Melidoro, 2015) Questo indice (IPM) assume che esistano otto fondamentali tipi di politiche a favore degli immigrati:

1) Affermazione del multiculturalismo a livello costituzionale, legislativo o parlamentare;

2) Adozione di curricula multiculturali;

3) Pluralizzazione dei media;

4) Esenzioni da alcune leggi o regolamenti;

5) Concessione della doppia cittadinanza;

6) Sostegno economico alle iniziative culturali delle minoranze;

7) Finanziamento di programmi educativi bilingue;

8) Programmi di affirmative action in favore delle minoranze svantaggiate.

L’indice medio delle politiche multiculturali adottate dai paesi europei è cresciuto, quindi la conclusione avanzata da Will Kymlicka è che ilmulticulturalismo in Europa sia tutt’altro che in crisi. “Un quadro diverso è quello che emerge dagli scritti di Christian Joppke (2004, 2014). Egli registra una ritirata del multiculturalismo in diversi Paesi europei (e non solo) che avevano ufficialmente adottato politiche multiculturali. In molti Paesi come la Gran Bretagna e l’Olanda,per contrastare gli effetti disgreganti delle politiche multiculturali sulla società, sono state messe in azione delle politiche che mirano esplicitamente all’integrazione civica” (Melidoro, 2015, 105). Ciò ha determinato l’incremento degli oneri che le minoranze devono sostenere perintegrarsi.

”I test di cittadinanza entrati in vigore in Olanda nel 2003 vanno oltre la dimensione puramente cognitiva“ (Joppke, 2014, 290). Agli immigrati non si chiede soltanto di conformarsi ai comportamenti sanciti dalla legge del Paese in cui vivono, ma anche di avere determinate credenze su questioni che riguardano la sfera privata. La somministrazione di questi test risulta pertanto problematica da un punto di vista liberale, perché violano la tradizionale distinzione kantiana tra moralità e legalità. Ai presunti problemi creati dal Multiculturalismo, il “Liberalismo muscolare” oppone invece il tentativo di rinforzare una particolare visionemonoculturale dell’identità nazionale.

Questo approccio nasce da una visione essenzialista della cultura, che elude la diversità culturale e non affronta il tema del pluralismo culturale.

BIBLIOGRAFIA

JOPPKE C. (2014), The Retreat is Real – But What is the Alternative? Multiculturalism, Muscular Liberalism, and Islam, in Constellations, 21 (2), pp. 286-295 KYMLICKA W. (2015), The Essentialist Critique of Multiculturalism: Theories, Policies, Ethos’, in Uberoi V. Modood T. (a cura di) Multiculturalism Rethought, Edinburgh University Press, pp. 209-240 MELIDORO DOMENICO, Multiculturalismo, Luiss University Press, Roma, 2015

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