COUNSELING AZIENDALE: “L’IMPRESA E IL CONCETTO DI SERVIZIO”

Inviato da Stefano Agati

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Per capire la cultura dei servizi attraverso il linguaggio ci si può porre la domanda: Cosa vuol dire servizio? Servizio deriva dal verbo servire e dal sostantivo servo. L’uso del termine servo è divenuto molto raro nel suo riferimento a persone e viene soprattutto riferito a oggettio materiali inanimati ed in particolare a meccanismi quali il servofreno, il servo pilota, e così via. L’espressione servo resta viva quando l’importanza del destinatario del servizio è talmente alta da non sminuire il ruolo del servitore ad esempio nell’ambito religioso (servo di Dio, serve di Maria). Mentre il titolo onorifico di servo dello Stato è sostituito da servire il popolo, attività che viene considerata non sololegittima ma meritoria (servus è anche l’etimo di ministro). Ancora più forte è l’espressione schiavo, i vinti in guerra venivano ora uccisi, ora salvati. La vita veniva così salvata allo schiavo in cambio della sua dipendenza e subalternità (in latino salvare è servare).

La schiavitù era quindi insieme una perdita (della libertà) e un compenso (della vita). I gradi di questa perdita di indipendenza variano con le epoche storiche, ma resta consolidato che il servo e ancor più lo schiavo non rappresentano oggi un ruolo sociale, ma una condizione del passato che implicò compiti ed atteggiamenti che oggi nessuno desidera. Rimane invece il desiderio ed il piacere di essere serviti (sentirsi Padroni, Signori) che può darci una spiegazione anche se parziale dell’aumento della domanda di servizio nella società contemporanea. Il servizio è spesso impalpabile e invisibile, quindi intangibile (Capranico, 1992). Da anni si realizzano indagini e ricerche sul servizio e sugli effetti che esso produce nei confronti del cliente. Già a decorrere dagli anni settanta si è sviluppato sempre più l’interesse per le ricerche sulle “attività di servizio” e sull’impatto che queste producono nella mente del cliente. Qui di seguito riporto la sintesi di un modello di indagine a suo tempo utilizzato.

Ad esempio, un certo numero di persone che frequentavano una biblioteca pubblica furono riprese da una telecamera nascosta mentre i libri da loro scelti venivano controllati dal personale. Agli impiegati che distribuivano i testi venne chiesto di prestare pochissima attenzione al cliente. Venne loro detto di essere distaccati, di non sorridere, di non essere espressivi, di non salutare, di non avere alcun contatto fisico. All’uscita i clienti vennero intervistati sulle loro impressioni circa la biblioteca. La sorpresa per i ricercatori fu che solo pochi clienti menzionarono il personale nel lamentarsi del servizio. L’impressione negativa generale era attribuita ad una cattivailluminazione, un difficile sistema di numerazione dei testi, e via dicendo.

Nella seconda parte di questo esperimento, al personale venne chiesto di sorridere, guardare il cliente negli occhi, chiamare il clienteper nome, toccare “casualmente” la mano del cliente. I clienti vennero intervistati all’uscita della biblioteca. Quasi tutti erano soddisfatti. Nuovamente, però pochi citarono l’aspetto umano del servizio e questo fu l’unico punto in comune con l’indagine precedente. Molti attribuirono la buona impressione ricevuta ad una buona illuminazione, ad una appropriata numerazione e catalogazione, ecc. Parrebbe quindi che un buon servizio abbia la capacità di agire con discrezione sull’inconscio del nostro cliente, influenzandolo positivamente anche riguardo a tutti glialtri aspetti che costituiscono l’insieme della nostra attività.

Negli anni si è arrivati a “studiare” il servizio fino ad esasperarne l’essenza anche attraverso ricerche che a mio avviso arrivano a suggerire strategie di manipolazione del cliente con l’obiettivo di vendere sempre di più e a tutti i costi, andando oltre la logica del servizio. Si è capito che molti clienti sono disposti a farsi sedurre da chi abilmente conosce, sa usare e sfruttare meccanismi psicologici di base, elementari ed antichi. Questi suggestivi principi sono stati studiati e classificati da Robert B. Cialdini (2000) docente di psicologia alla Arizona StateUniversity.

Il contrasto. Quando vengono presentate due cose in successione e il secondo stimolo si differenzia significativamente dal primo, la tendenza generale è di vederlo ancora più diverso. Così nel vedere un gigante e subito dopo un nano, il gigante ci sembrerà più alto e il nano più basso. E’ il caso dei venditori delle agenzie immobiliari che mostrano prima ai clienti un paio di appartamenti orribili, e poi li accompagnano a vedere la casa che prevedono possa andare bene.

La reciprocità. Chi ci un favore non richiesto ci fa sentire immediatamente in debito. I nostri progenitori hanno imparato a spartirsi cibo e oggetti in un intreccio di obblighi riconosciuti reciprocamente, dove chi viola la norma viene considerato profittatore o ingrato. La regola di reciprocità viene utilizzata spesso attraverso la pratica del “campione gratuito” o dell’assaggio.

La scarsità. Lo stimolo all’acquisto nasce dalla paura di restare senza, dal timore di una perdita. Da questo principio nascono le “offerte valide per pochi giorni”, il “fino all’esaurimento delle scorte” oppure la classica data di scadenza impressa rigorosamente nel post-scriptum diuna lettera di direct mailing.

La coerenza. La persona ha necessità della coerenza e del rispetto delle promesse e delle scelte fatte. Spesso questo principio viene sfruttato per la gestione della domanda o meglio per risolvere il problema dell’andamento stagionale delle vendite. Un classico esempio avviene durante le feste natalizie, quando al bambino viene promesso un regalo che a causa di un eccesso di domanda non è momentaneamente disponibile sul mercato. Spesso i genitori ripiegano su un giocattolo alternativo, ma dopo poche settimane ricompare la pubblicità del giocattolo speciale, che a seguito della promessa fatta viene quindi acquistato.

La bellezza. Come non credere a chi afferma che i clienti (maschi) attribuiscono alla stessa auto un’attrattiva maggiore in termini di velocità o prezzo quando a questa viene accostata l’immagine di una seducente modella, come se questa prestasse ai prodotti reclamizzati i propri tratti positivi. Lo stesso può valere per la scelta di un bar quando si prende un caffè o per molti altri casi dove il protagonista della scelta non deve essere necessariamente un maschio.

La simpatia. Tendiamo ad acconsentire alle richieste di chi conosciamo ed apprezziamo. E’ il caso della padrona di casa che inviata le amiche a passare un pomeriggio da lei con la presenza di una venditrice che cerca di proporre i suoi prodotti. Tipico metodo della Avon per le vendite di cosmetici o di Stanhome per la vendita di detersivi.

La condanna sociale. Ci rassicura il fatto che il prodotto sia accostato ad una persona come noi, che tendiamo ad osservare e imitare, desiderandone la somiglianza. Per questo nella pubblicità compaiono sempre piùpersone qualunque, persone come noi, che in tal modo contribuiscono a farci maggiormente apprezzare i prodotti o i servizi proposti (Cialdini,2000).

Per ritornare alla logica del servizio è importante sottolineare come in un’organizzazione “tutti” debbano possedere un’adeguata cultura del servizio, utilizzando correttamente i codici affettivi che la contraddistinguono. Risulta molto utile a questo proposito la lettura del testo di Sergio Capranico (In che cosa posso servirla, Guerini e Associati), dove l’autore riprende concetti e metodi di Franco Fornari messi a punto negli anni settanta. Un metodo che ha assonanze con l’analisi transazionale, come lo stesso Fornari riconobbe, ma che si muove in ambiti e a livelli di profondità assai diversi. “In seno al modello ideale di istituzione famigliare il codice materno appare privilegiare, nell’allevamento del bambino, la soddisfazione sollecita del bisogno, attuata con modalità anche sacrificali.

Nell’ottica del codice materno l’offerta di amore-cure e la dedizione della madre sono direttamente proporzionali allo stato di bisogno e inettitudine del bambino. Il concetto di good enough mothering, di maternage sufficiente, significa la dedizione che la madre deve necessariamente avere verso il bambino per contribuire alla sua crescita somatica e mentale. Il codice materno si fonda sul principio di appartenenza: Ti amo, ti curo e mi dedico a te per il solo fatto che sei mio figlio, senza badare a come sei. In questo senso il codice materno tende a farsi paladino del più debole. Il codice bambino è speculare a quello materno, essendo centrato sul bisogno.

Il bisogno è assunto dal bambino come contrattualità onnipotente (“voglio tutto” o anche“è mio è mio”) nei confronti della madre. In questo senso esso appare privilegiare le dimensioni oniriche e ipnotiche (tutto si può), piuttosto che il principio di realtà (ci sono vincoli e condizioni ai quali sottostare per realizzare i desideri). Il codice paterno si fonda sul privilegiamento del principio di realtà e di prestazione (Capranico, 1992,64). Quindi la cultura del servizio contiene sottili giochi di alternanze: dipendere dal cliente e dalle sue esigenze, dai suoi desideri (codice bambino), mettere al servizio del cliente accoglienza, abilità, risorse, informazioni (codice materno), fornire prestazioni tecniche, esercitare abilità di problem solving, utilizzare tecnologie (codice paterno).

Essere chi protegge il cliente, il genitore che aiuta. Da qui nasce l’autorità e il potere di chi presta un servizio e il crescente valore e peso dei servizi. “Alcuni servizi odierni sono ad alto tasso di codice materno: il cliente è quasi passivo, consuma, si lascia andare, fa pochissimo. Ci sono servizi che inducono addirittura regressioni: pensiamo ad esempio all’ospedale. Altri servizi richiedono più attività al cliente, sono addirittura abilitanti, lo conducono verso l’autonomia: pensiamo all’istruzione ad esempio” (ibidem, 78). Inoltre l’analisi dei codici affettivi permette di capire la percezione dei disservizi e i conseguenti vari gradi di irritazione e di rabbia. Secondo questo autore, infatti, le irritazioni sono dovute al mancato ritrovamento del codice atteso e desiderato da parte del cliente ai fini della soddisfazione.

Bibliografia

ALBRECHT K., BRADFORD L, Service Management, Franco Angeli, Milano, 1993 BONNET M., GRAPPEGGIA M., AGATI S., Leader e Manager Oggi, Edizioni B.T.S., Milano, 2008 CAPRANICO S., In che cosa posso servirla, Guerini e Associati, Milano, 1992 CIALDINI R.B., Le armi della persuasione, Giunti, Milano, 2000 FOGLIO A., Il marketing pubblico, Franco Angeli, Milano, 2003 KOTLER P., AMSTRONG G., SAUNDERS, WONG V, Principi di Marketing, ISEDI, Milano, 1993 KOTLER P., CLARK J.B., SCOTT W., Marketing Management Casi, ISEDI, Milano, 1994 KOTLER P., JAIN D.C., MAESINCEE S., Il Marketing che cambia, Il Sole 24 ORE, Milano, 2002 KOTLER P., SCOTT W.G., Marketing Management, ISEDI, Milano, 1993 LAMBIN J.J., Marketing strategico e operativo, market-driven management, McGraw-Hill, 2002 LLOYD C. FINCH, Cortesia al telefono e servizio al cliente, Franco Angeli, Milano, 1995 MORTARA GARAVELLI B., Manuale di retorica, Bompiani, Milano, 1989 PASTORE A., VERNUCCIO M, Impresa e comunicazione, principi e strumenti per il management, APOGEO, Milano, 2006 SCHOPENHAUER A. (1830-1831), L’arte di ottenere ragione, a cura di Franco Volpi, Adelphi Edizioni, Milano, 1991 STONE B., Direct Marketing, Il Sole 24ORE, Milano, 1997 SILVANO M., Vendita in azione, Il Sole 24ORE, Milano, 2000

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