COUNSELING AZIENDALE: “LE STRATEGIE DELL’IMPRESA”

Inviato da Stefano Agati

counseling in azienda

La strategia di un’impresa è l’insieme di obiettivi scopi o fini che definiscono il business nel quale l’impresa opera, le politiche e i criteri di condotta, l’identità dell’impresa e l’orientamento strategico di fondo (G. Costa). “La pianificazione strategica può essere definita, infatti, come il processo manageriale volto a sviluppare e mantenere una corrispondenza efficace fra gli obiettvi e le risorse dell’organizzazione e le proprie opportunità di mercato. Suo compito precipuo è quello di far si che l’ambito di attività dell’impresa sia costituito da un numero di aree di affari profittevoli sufficiente a garantire la sopravvivenza dell’impresa.” (Kotler et al., 1993, 50). Un aspetto strategico fondamentale è dato dalla visione d’impresa. Questo concetto comprende non solo l’enunciazione della filosofia aziendale e della missione d’impresa, ma anche l’individuazione delle singole unità aziendali strategiche e delle loro interrelazioni.

“Al momento della costituzione o nel corso della loro vita le aziende tendono in generale, ad attuare un processo di identificazione delle direttrici fondamentali in base alle quali operare, delle finalità verso cui orientare la propria attività, degli elementi strutturali mediante i quali si intendono perseguire gli obiettivi generali e specifici e delle modalità secondo le quali interagire con il mercato. Il problema fondamentale è rappresentato dalla capacità da parte dell’impresa di esprimere in modo chiaro una serie di principi che riassumano la missione che l’impresa stessa intende esplicitare. A tale scopo, secondo Peter Druker, il management deve porsi alcune domande fondamentali, quali: Qual è il nostro settore di affari? Chi è il nostro cliente? Che cosa ha valore per il cliente? Quali saranno in futuro le caratteristiche del nostro settore? Quale dovrebbe essere il nostro settore? Queste domande, in apparenza semplici, sono fra le più difficili cui possa mai dar risposta un’impresa. Le imprese di successo sollevano continuamente questi interrogativi, cercando di rispondervi in maniera meditata ed esauriente” (ibidem, 53-54). “L’enunciazione della missione dovrebbe essere effettuata secondo modalità ben precise, onde risultare efficace. In particolare la definizione delle finalità che l’azienda si propone: Dovrebbe essere tale da consentire una precisa individuazione delle linee operative da seguire soprattutto in presenza di situazioni critiche. Dovrebbe comprendere la determinazione degli ambiti competitivi, siano essi relativi al settore di attività, agli specifici segmenti di mercato o all’area geografica di riferimento. Dovrebbe essere motivante, dal momento che i dipendenti sono stimolati dalla constatazione che il proprio lavoro ha un preciso significato. Dovrebbe porre l’enfasi sulle politiche fondamentali che l’impresa intende perseguire” (ibidem, 55). La pianificazione strategica ha l’obiettivo di determinare quale deve essere il mix delle aree di attività dell’organizzazione. Il Boston Consulting Group ha sviluppato un modello strategico del portafoglio di attività, noto come matrice sviluppo/quota di mercato. Sull’asse verticale viene riportato il tasso annuo di sviluppo del mercato nel quale si svolge l’attività, mentre la quota di mercato viene riportata sull’asse orizzontale. “Question marks (dilemmi). Con questa denominazione vengono indicate le attività dell’impresa collocate in mercati ad alto tasso di espansione, ma con bassa quota di mercato. Molte attività nella fase iniziale della loro esistenza sono di questo tipo, in quanto si propongono di entrare in un mercato ad alto tasso di sviluppo nel quale esiste già un’impresa leader. Le attività in questione presentano un elevato fabbisogno finanziario, in quanto l’impresa deve adeguare la propria capacità produttiva sia ai ritmi di sviluppo del mercato, sia all’obiettivo di ridurre ed eventualmente annullare il ritardo rispetto all’impresa leader. Il termine question mark è stato scelto opportunamente, in quanto l’impresa deve riflettere in modo approfondito prima di investire nell’attività in considerazione o abbandonarla” (ibidem, 60). “Stars (stelle). Se un’impresa ha successo in un’attività del tipo question mark, allora quest’ultima viene definita una star. Ciò significa che l’impresa ha, nell’attività considerata, una posizione leader in un mercato a elevato tasso di sviluppo. Ciò non implica necessariamente che un’attività classificata come star costituisca una fonte di liquidità per l’impresa. Questa infatti deve impegnare ingenti mezzi finanziari per far fronte allo sviluppo del mercato e per opporsi alle azioni della concorrenza. Le attività stars sono spesso utilizzatrici, piuttosto che generatrici di liquidità” (ibidem, 60-61). “Cash cows (mucche da mungere). Quando un mercato si sviluppa a un tasso annuo inferiore al 10%, ciò che in precedenza costituiva un’attività star diviene una cash cow, sempre che continui a detenere una posizione leader. La denominazione deriva dal fatto che attività di questo tipo sono generatrici per l’impresa di un elevato volume di liquidità. L’impresa non deve effettuare investimenti di particolare entità, in quanto il tasso di sviluppo del mercato è modesto. Essa, inoltre, essendo leader del mercato, gode di economie di scala e di più elevati margini di profitto. L’impresa impiega le proprie attività cash cow per far fronte ai propri fabbisogni immediati e per sostenere le restanti attività, stars, question marks e dogs, le cui esigenze di liquidità sono particolarmente elevate (ibidem, 61). “Dogs (cani). Con questo termine vengono indicate le attività dell’impresa a bassa quota di mercato, in mercati a basso tasso di sviluppo. In genere, attività di questo tipo generano profitti ridotti o perdite, anche se talvolta danno origine a una certa liquidità”(ibidem, 61).

Bibliografia: BRUSCAGLIONI M., SPALTRO E. (a cura di), La psicologia organizzativa, Franco Angeli, Milano. 1991 COSTA G., RAOUL C.D. NACAMULLI (a cura di ), Manuale di Organizzazione Aziendale, Volume 1, Le teorie dell’organizzazione, UTET Libreria, Torino, 1996 COSTA G., RAOUL C.D. NACAMULLI (a cura di ), Manuale di Organizzazione Aziendale, Volume2, La progettazione organizzativa, UTET Libreria, Torino, 1996 DE CARLO N.A., Teorie & strumenti per lo psicologo del lavoro e delle organizzazioni, Franco Angeli, Milano, 2002 FERRARIO M., Funzioni manageriali e ciclo di vita dell’impresa, Impresa e Società n. 20, Milano, 1987 KOTLER P., SCOTT W.G., Marketing Management, ISEDI, Torino, 1993. MERLI G., SACCANI C., L’azienda olonico-virtuale, Il Sole 24ORE, Milano, 1994 PEDON A., MAERAN R., Psicologia e mondo del lavoro, Edizioni Universitarie di Lettere Economia Diritto, Milano, 2002 PISANO P., Manuale Teorico-Pratico di organizzazione e direzione di impresa, Tecniche Nuove, Milano, 1990 ROMANO D.F., FELICIOLI R.P., Comunicazione Interna e processo organizzativo, Cortina Editore, Milano, 1996 SCHMIDT E., Comunicare nelle organizzazioni, la teoria sistemica della comunicazione nella formazione aziendale, Edizioni Unicopli, Milano, 1990 VACCANI R, Impianto organizzativo e personalità individuale, Sviluppo organizzativo n. 78, SDA Bocconi, Milano, 1983

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