LA BANCA DELLE CAREZZE. Attaccamento e dipendenza dal nutrimento virtuale

Inviato da Nuccio Salis

carezze

Si può immaginare di passeggiare per una piazza e vedere che mentre tutti chiacchierano, si salutano, si riuniscono in gruppetti, si incontrano e si abbracciano, noi veniamo ignorati da tutti? Nessuno ci nota, mentre da soli procediamo in mezzo alla gente che si scambia parole. Superiamo la piazza senza aver ricevuto il benché minimo sguardo, senza che qualcuno ci abbia rivolto almeno un timido cenno di saluto. Sconosciuti, forse. Ma la sensazione è proprio quella di essere invisibili, trasparenti, insignificanti.
È l’angoscia primordiale che affligge l’umano fin dalle sue origini. Non essere notati, e in forme più avanzate non essere accettati, costituisce l’abisso orrorifico più profondo che non conosce pari per le sensazioni che riesce a provocare: percezione di essere indegni, di non essere amati, di non meritare di vivere.


La giornata dell’essere umano è organizzata come una caccia aperta alla ricerca di stimoli esterni. Egli non può privarsi del nutrimento sociale che gli fornisce una certa dose di sollecitazioni al proprio indirizzo. E di quale natura siano, poco importa, in quanto egli, pur di non affrontare nemmeno l’idea di una ipotetica carestia, adotta ogni stratagemma che in qualche modo gli possa procurare il bottino necessario alla sua sopravvivenza psicologica. Un falso Sé, un’identità fittizia, un’etichetta imposta dall’esterno, anche se a carattere svalutante, è quanto basta per ottenere l’attenzione e la considerazione da parte degli altri.
La rete informatica, con le sue straordinarie opportunità, fornisce la prova di tutto questo, rendendo visibile una moltitudine di persone che grazie alle risorse erogate dal web sono uscite dall’anonimato, mostrando in modalità pubblica le loro opinioni, performances, scampoli di vita quotidiana, proteste e istanze personali.
L’incetta di riconoscimenti quotidiani è garantita grazie ad internet ed alle sue connessioni ipertestuali.
Inoltre, nel frequentare le piazze virtuali, rispetto all’esempio dell’incipit, ci si ricava anche qualche guadagno psicologico. Ad esempio si può decidere di cambiare piazza all’istante, si può scegliere di cancellare e non incontrare più qualcuno verso cui non si prova simpatia. Così come si può optare per il rivestire un falso profilo, dai connotati molto più segreti di quanto non si possa fare in una situazione reale. Attraverso la propria maschera virtuale è possibile fingersi altri, e adottare comportamenti subdoli e camaleontici, magari per compiacere e tentare di sedurre, oppure per spiare, provocare ed insultare qualcuno preso di mira.
In pratica, le piattaforme dei cosiddetti social network, risultano di fatto delle fonti sicure per accumulare crediti di riconoscimenti personali.
Chi conosce le teorie che si rifanno all’Analisi Transazionale, sa che esiste l’espressione “banca delle carezze”, (che qualcuno chiama anche ‘museo’), proprio per alludere ad un luogo mentale in cui conservare tutte le sensazioni ricavate dalle esperienze gratificanti, ed utilizzarle quando ne abbiamo maggior bisogno, magari durante un periodo di sconforto o rincrescimento.
L’utilizzo insistente dei social, che in un certo numero di casi sfocia anche nella dipendenza, sembra proprio essere legato all’accumulo di tali feedback sociali.
Aprire il proprio profilo facebook, per esempio, e vedere chi ci ha cercati, se vi sono notifiche che ci riguardano, se qualcuno ha risposto o condiviso il nostro post o commentato i nostri interventi, o se ancora siamo stati citati o richiamati da un tag,; sono tutte motivazioni esistenziali legate alla necessità arcaica del contatto. Se poi tale riconoscimento assume le sembianze dell’apprezzamento, collezionando i click relativi al “mi piace”, per esempio, la gratificazione che si ricava è maggiore, e la sicurezza di essere nutriti appaga l’atavico bisogno infantile di coccole e di attenzioni. Faccine sorridenti e cuori, infatti, compaiono spesso come risposta ricevuta o inviata a chi ha colto l’importanza del nostro messaggio, e quindi ci ha permesso di godere mediante un soddisfacente e prezioso rifornimento affettivo.
Forse, queste utilissime e straordinarie tecnologie, permettendoci di uscire allo scoperto con qualche accorgimento e protezione in più, hanno al tempo svelato l’immensa solitudine e fame di contatto interpersonale che esiste fra tutti gli umani, trasversale a ogni epoca e luogo.
Ricevere gli auguri da centinaia di persone e migliaia di foto con baci e abbracci, fiori e pollici in su, durante il giorno del proprio compleanno, diventa un’occasione per gonfiare il proprio conto nella banca delle carezze positive, magari nell’attesa di riscuoterle, passando cioè dal mondo virtuale alla vita condotta nella propria concreta quotidianità.
D’altronde, il desiderio di condividere dal vivo le carezze scambiate, rimane comunque il principio che ci permette di sfruttare tali strumenti multimediali, fruendoli come mezzo e non come fine delle proprie modalità di strutturazione del tempo. Diversamente, ciò implicherebbe difficoltà nel gestire l’impiego del mezzo in modo appropriato, divenendone cioè schiavi e dipendenti. Anche in questo campo, la ricerca delle carezze si collega a fattori di ordine educativo e culturale, per prevenire l’uso improprio del mezzo e tutelarne infine la propria intimità emotivo-affettiva.
 

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