la più autentica opportunità della rete …


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la più autentica opportunità della rete …

 

            Ovviamente ci riferiamo alla rete virtuale, del web e delle comunicazioni via internet della quale spesso si vantano i pregi reali, talvolta quelli soltanto immaginari o immaginifici e della quale comunque non mancano irriducibili detrattori.

Tra eccessi di infatuazione e di rifiuto ostinato, soprattutto tra le generazioni di attempati non “nativi digitali”, è un dato di fatto che la rete faccia parte del nostro mondo e che addirittura sia essa stessa lo strumento più potente per l’immediatezza delle sue risposte in quel tempo reale che promette e quasi sempre consente.

            Certo è quanto meno curioso che proprio la realtà virtuale si arroghi il vanto di soddisfare le nostre richieste in tempo reale, ma non ci è difficile –né lo è mai stato per gli umani– abituarci alle contraddizioni della realtà, delle mode, insite nella cultura in cui siamo immersi, e il fenomeno è comune a culture anche molto diverse tra loro.

 

Come utente che da anni si è avvicinata a questa realtà, con prudenza e non con sospetto, alla ricerca di quanto di positivo poteva suggerire a ciascuno e alla comunità, alla realtà in cui viviamo, persino al mondo della formazione e dell’educazione, posso sostenere che come in ogni altro campo, anche in questo occorre cercare e praticare un equilibrio senza mai sospendere le nostre facoltà di osservazione.

            Prendo in esame un’affermazione, più volte ripetuta con parole diverse ma che comunica un unico concetto, un’unica diffusa convinzione: internet e la realtà virtuale hanno consentito di realizzare veramente la democrazia, perché di fronte al web siamo proprio tutti uguali.

            Comprendo le ragioni che spingono i diretti interessati alla diffusione degli strumenti multimediali a pubblicizzare anche così i loro prodotti, comprendo l’atteggiamento prevalentemente acritico delle giovani generazioni che facilmente si convincono o forse sperano che le abilità di usare strumenti di ultima generazione possano azzerare differenze rispetto agli altri che invece emergono in altri campi, ma quando mostra identica certezza il professionista e magari anche il professore o l’educatore mi sorprendo e non poco. Per poter competere in condizioni di parità con gli altri veramente basta avere a disposizione uno strumento perfetto e potente? Non occorrerà piuttosto che si abbiano le competenze almeno per utilizzarlo al meglio?

Che “chiunque” possa utilizzare uno strumento anche senza conoscerlo è affermazione credibile (quanti di noi conoscono le caratteristiche dell’auto che guidano anche con perizia? E quanti usano il pc senza conoscere la differenza tra bit e byte? Eppure magari sono esperti in determinate operazioni e programmi) e data la mole di conoscenze che oggi si amplifica in tempi da record forse è questa la strategia più utile; forse oggi un Leonardo eccellente esperto in ogni disciplina e inventore e creatore, veramente sarebbe soltanto, come il Da Vinci amava descriversi “un pittore”, cioè esperto in una sola attività.

            Tuttavia, dicevamo, il punto di riflessione è sulla condizione di uguaglianza e su questo la competenza o meno di chi utilizza uno strumento fa e come la differenza. Una differenza che si misura non solo nei risultati, bensì anche nei tempi di elaborazione, nelle strategie utilizzate, nelle opportunità di prosecuzione del lavoro, nella progettualità, nell’inventiva, ecc… e dunque insisterei, a meno che non abbia interessi altri da curare, che l’apprendimento di un valido metodo rigoroso e al tempo stesso personalizzato, conoscenze e competenze siano un essenziale pre-requisito ancora e ancor più in questo mondo superveloce in cui le novità spesso sono obsolete nello spazio di sei mesi.

            La vera opportunità che la comunicazione via Internet ci assicura, rivoluzionaria, imprevedibilmente positiva e desiderabile per noi, proprio per la nostra abitudine a lavorare in solitaria, un’opportunità eccellente per curare in modo del tutto indolore quella sorta di individualismo che contraddistingue tanti tantissimi tra noi italiani, è riuscire a creare un team di lavoro, a comunicare e progettare, a chiedere e offrire competenza, a scambiarsi pareri e soluzioni semplicemente orientati all’obiettivo fissato, senza porre tra noi e l’altro impedimenti emotivi, dalla simpatia all’antipatia, alla gelosia, alla competizione sfrenata…

Provate a chiedere, o provate voi stessi, o forse già ne avete esperienza: concentrarsi sul da fare, rimanendo a quanto necessario per riuscire in tempi possibilmente brevi e con la soddisfazione di ricevere e dare aiuto. E l’altro, gli altri, uomini donne giovani e meno giovani, in Australia, Canada, India… sono semplicemente nostri efficienti collaboratori.

            Chissà che da esperienze come queste non arriviamo a saper partecipare senza emotività negative ad un gruppo di lavoro o a gestirlo… Un’ipotesi che rinfranca e fa quasi superare il fastidio delle ore che si sciupano a comunicare sul web il nulla.

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

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