Perché un "secchione" può faticare al lavoro? "Intelligenza emotiva" di Goleman lo spiega...


intelligenza emotiva

Voglio consigliarvi un libro: “Intelligenza emotiva. Che cos’é e perché può renderci felici" di Daniel Goleman. Grazie a questo ho capito il motivo per cui la mia amica Benedetta, prima della classe all’università, fa tanta fatica al lavoro. Cosa più importante, ho visto una strada che le posso consigliare per superare questa fatica.    Benedetta: prima della classe, ma non sul lavoro   "All’università prendevo 30 e lode, al lavoro invece sono un disastro": questo è più o meno quello che mi ha detto tre giorni fa la mia amica Benedetta (naturalmente il suo vero nome non è Benedetta, ma lei c’è per davvero), ed è una cosa che vive da quando ha iniziato a lavorare. E’ sempre stata brava e intelligente, ma sul lavoro fa fatica; nonostante le vengano riconosciute intelligenza e capacità, non riesce a farle fruttare: c’è qualcosa che le impedisce di avere successo nel suo lavoro.   E' come un fiume ostruito dai sassi: l'acqua che dovrebbe scorrere si ferma e s'impantana. 

Non avevo mai capito cosa non funzionasse, ma dopo un'cchiata al libro di Goleman forse ho la risposta. La mia amica manca di intelligenza emotiva.   La scoperta di Goleman: le due intelligenze   La cosa grande che ci trasmette il libro di Goleman è la distinzione fra due tipi d’intelligenza: quella cognitiva, che tutti conosciamo e riconosciamo come tale, e un altro tipo d'intelligenza: quella emotiva, che io non conoscevo - e come me credo molti altri.    (qui sotto: una citazione dal libro di Goleman)     Intelligenza emotiva consiste nella capacità di riconoscere, esprimere e gestire le nostre emozioni, e ci rende  

"Socialmente equilibrati, espansivi e allegri, non soggetti a paure o al rimuginare di natura ansiosa. Hanno la spiccata capacità di dedicarsi ad altre persone o a una causa, di assumersi responsabilità, e di avere concezioni e prospettive etiche; nelle loro relazioni con gli altri sono comprensivi, premurosi e protettivi. La loro vita emotiva è ricca ma appropriata; queste persone si sentono a proprio agio con se stesse, con gli altri e nell'universo sociale nel quale vivono" (Da"Intelligenza emotiva")

  Partiamo da un sentimento molto forte e "fastidioso": la rabbia Partiamo da un sentimento come la rabbia:  forte e che può "ostruire molto" lo scorrere delle nostre potenzialità, per ritornare alla metafora del fiume per la mia amica Barbara. Una persona viene da noi e intuiamo che è arrabbiata. Ecco che insieme a noi può compiere due passi, molto importanti:

  1. Riconoscere quella rabbia 
  2. Decidere se esprimerla o no, nel modo che preferisce 


  Riconoscere la rabbia con... parola, occhi, orecchie, tutto il corpo La persona arriva a dirci: "Sono molto arrabbiato". Questo è già un buon passo: il sentimento è stato portato alla luce, con sé e con noi. Ma dirlo non è sufficiente: con la parola quella rabbia rimane nella sola sfera del pensiero. Invece la persona deve vivere il sentimento, sentirlo anche a livello corporeo: finché non farà esperienza vissuta della rabbia, quella rabbia non è chiara né conclusa, e continuerà ad "ostruire". Questa è la concezione dell'intelligenza emotiva propria della Scuola Gestalt: ecco allora che i due passaggi "anti-ostruzione" diventano tre:

  1. Riconoscere l'emozione, quale che sia, senza giudizio né categorizzazione
  2. Sentire quell'emozione, come sentito emotivo e fisico
  3. Esprimere l'emozione, o decidere di non esprimerla


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