Propongo a tutti voi una riflessione circa la mia esperienza di Counseling nell'ambito dei Servizi Sociali che vengono inclusi nel Dipartimento di Salute Mentale. Parlo di un intervento mirato a favore della popolazione anziana, quindi di persone spesso sopra ai settantacinque anni di età in condizioni di non autosufficienza e dei familiari che di loro si prendono cura.
Spesso la malattia mette alla prova le relazioni familiari dove vengono amplificate dinamiche che mettono a dura prova l'assunzione dei compiti di cura od il rifiuto degli stessi. In diversi casi ho notato che il luogo della malattia non è l'individuo, ma l'ambito familiare. La stessa rappresentazione della malattia cronica non si pone mai al livello del singolo, ma in quello di rapporti tra le persona ed il sistema familiare di appartenenza. In questa situazione il Counselor da un lato chiamato all'organizzazione ed alla conduzione del gruppo di operatori impegnati nell'assistenza di base, dall'altro è impegnato ad aiutare le famiglia circa la convivenza con la situazione presente.
Il focus è posto principalmente sull'incontro famiglia-servizi entro il quale si può inserire l'intervento di Counseling anche se bisogna far fronte alla complessità dell'intervento socio-assistenziale. Attraverso la mia esperienza professionale ho notato che non prestare la dovuta attenzione e non affrontare la dimensione emozionale ed emotiva del rapporto tra chi dà e riceve assistenza può portare a rapporti famiglia-servizi di tipo non collaborativo. Attraverso il lavoro a stretto contatto con persone e famiglie in situazione di disagio, mi ha portato a consapevolizzare circa le conoscenze inerenti alla comunicazione umana ed alla acquisizione di abilità di Counseling per aiutare i clienti a focalizzarsi sulle aree e sulle questioni più problematiche e frustranti per loro da gestire. Diventa così indispensabile, da parte del Counselor, organizzarsi rispetto ai loro bisogni ed adottare le stretegie di problem- solving utilizzando in modo idoneo l'analisi del problema, delle cause, degli effetti e della scelta delle soluzioni possibili. L'aiuto fornito dal Counselor, non può essere però considerato come soluzione del "problema" tramite prestazioni sociali ed assistenziali, ma piuttosto un processo di accompagnamento alla ricerca di scelte e di azioni per ridefinire i legami e ruoli sia personali sia nel contesto familiare.
Tenendo conto di queste prerogative, ho appurato di tenermi alla larga da definizioni rigide, come se fossero protocolli o procedure standard etichettando come “famiglie non collaboranti”, “anziano incontentabile”, “utenti non disponibili” e ad avvalermi di un approccio metodologico che si fondi sull’identificazione del bisogno di un intervento assistenziale. In questa logica di pensiero, l’incontro con la famiglia è uno strumento utile ed efficace per mettere a fuoco i problemi da affrontare, per far emergere le reciproche attese, stendere un programma assistenziale che ha senso per quella specifica famiglia.
Diventa indispensabile creare un setting dove si scambiamo le informazioni con l’utente per prendere contatto con il servizio attraverso spiegazioni circa le prestazioni che può ottenere.
L’utente quindi può farsi un idea di come funziona l’organizzazione e di coloro che in essa lavorano. Attraverso un profonda ed accurata anamnesi, da notizie di sé, del suo lavoro, della sua famiglia, del suo stile di vita, oltre che dei motivi che lo spingono a rivolgersi al servizio.
In questa reciprocità il Servizio compone la propria immagine e si confronta con quella che l’utente ha del servizio stesso.
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