riconoscere il tradimento di…sé



 

riconoscere il tradimento di…sé

“Prossimamente una riflessione sul come questa esperienza [il tradimento]  possa essere vissuta pienamente, anche grazie alla Relazione di Aiuto”.

            Così avevo concluso qualche tempo fa, da questo sito,  il mio articolo ll più difficile da superare è il tradimento di…sé nel quale facendo riferimento al tradimento nella coppia coglievo l’occasione per analizzare il complesso significato e la duplice valenza di tradire, tradimento traditore, tradito: “tradimento e tradizione paradossalmente si avvicinano: tradizione che è sinonimo di continuità e si usa quando ci si richiama ad  un valore ancorato al passato, o al patrimonio di conoscenza collettiva, o semplicemente alla prassi costruttiva consolidata, è il peso delle cose del passato tradotte nel presente,  è la storia dei tradimenti passati. Il processo evolutivo, necessario ed ineluttabile, si compie all'interno della dinamica tradizione-tradimento, attraverso l'abbandono dell'ultima "consegna" ereditata dalla storia, che verrà tradita in nome della prossima.  Senza tradizione non c'è cambiamento.”(ibidem)

 

           

           Il tradimento di sé non necessariamente si colloca all’interno della coppia, come conseguenza di un tradimento subito o imposto, bensì nel rapporto di ciascuno con il proprio sé ad ogni istante della propria vita, in ogni ambito, in ogni forma di relazione interpersonale. Vittorino Andreoli, il noto psichiatra, a tal proposito si è così espresso:

 

Mentre l’"io" del soggetto corrisponde a una realtà oggettiva, alla sua struttura anatomica e alla sistemazione ch’egli dà dei propri istinti in rapporto alle regole apprese, sociali e familiari, il "sé" rinvia a un significato esclusivamente esperienziale, connesso alle vicissitudini esistenziali del soggetto, e dunque denota un’esperienza soggettiva. Il "sé" é l’"io" in relazione con gli altri. In questo senso il "sé" é dinamico, e non fisso. Il "tradimento del sé" allora si delinea non rispetto ad una immagine fissa, ma ad un modo di vivere, a dei principi e ad un codice di comportamento via via acquisiti. Proprio per riferirsi all’esperienza del soggetto, il "sé" non é un attimo, ma una sequenza, uno stile di vita.

(Andreoli V. Il tradimento del Se' - Il Grillo, 14/06/2000, http://www.emsf.rai.it)

            Cosa significa essere se stessi? E' solo una questione di "trovare la propria strada", il proprio modo di essere o c'è qualcosa di più? Le condizioni esterne possono portarci a tradire noi stessi?

            Quando abbiamo la sensazione di essere travolti da quello che ci accade, senza averlo scelto,..è la sensazione che ci avverte che abbiamo compiuto un tradimento?

Tradir—si è ad esempio non rispettare le proprie inclinazioni? È rassegnarsi ad un lavoro che non piace,  frequentare amici che da amici non si comportano con noi?

            Dare una risposta corretta, a prescindere dalle situazioni concrete, credo sia impossibile e addirittura da evitare per non creare inutili fraintendimenti: è inevitabile che una società complessa come quella attuale richieda  dei "travestimenti". Ognuno è in grado di opporsi al "travestimento" identificandosi nel proprio "sé" dinamico e il cambiamento non rappresenta necessariamente una falsificazione della realtà, ma semplicemente il modo che ha l’individuo di adattarsi alle situazioni. L’individuo deve mettersi nella disponibilità di essere accettato dagli altri. Questo é per l’appunto il "gioco delle relazioni", l’unico in grado di garantire il contatto tra individui. (Andreoli, cit.)

            Il "sé" mutevole, e non l’"io" rigido impositivo, consente all’individuo di mettersi alla prova e capire gli altri e fin tanto che questo continuo e gravoso lavorìo di adattamento è consapevolmente e lealmente accettato da noi stessi (senza condizionamenti e compromessi o secondi fini) costituirà una forza accresciuta del nostro sé (pensiamo agli splendidi risultati, alla crescita di una personalità aperta e duttile, rispetto all’isolamento inevitabile a cui va incontro quella “corazzata” e rigida ad ogni sollecitazione esterna; è una questione di equilibrio: gli altri ci aiutano a conoscerci, ma, nello stesso tempo, non devono farci perdere la nostra identità).

            Dunque, ancora una volta, il cambiamento per essere tale e per essere congruente con il nostro sé ha bisogno di definirsi come tradimento nella tradizione del nostro sé.

 

Volevamo riflettere su come l’esperienza del tradimento di sé possa essere vissuta pienamente, anche grazie alla Relazione di Aiuto”?

            Proprio in questa direzione! Il counselor aiuterà la persona a rendersi consapevole del proprio sé, a concentrarsi sul proprio mondo (interiore e relazionale a diversi e molteplici livelli), per trovare e provare la meravigliosa condizione di libertà di scelta.

Il primo obiettivo nella Relazione di Aiuto sarà in questo caso consentire a chi si è affidato a noi di scegliere quali quando e con quale intensità il proprio sé chiede cambiamenti, fare chiarezza per giungere alla possibilità di scegliere il cambiamento che veramente vuole e che non si è ancora concesso di manifestare.

 

            I tempi? Da una recente esperienza, traggo il conforto che quattro colloqui possono essere sufficienti.

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

 

 

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