Metodi educativi e counseling, la scuola di oggi e... di domani


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metodi educativi e counseling,  la scuola di oggi e... di domani

 

da Giancarla Mandozzi, Insegnare per...apprendere, Erickson Live, 2010

 

            [...] Nella convinzione che la scuola oggi sia altro da quella che è stata anche nel recente passato rilevo un errore di prospettiva: la trasformazione innegabile di ogni ambito che riguardi le comunità umane e tanto più le istituzioni pubbliche, come la scuola, non è trasformazione della mission della scuola.

La trasformazione è della nostra società, del nostro mondo occidentale che ha accelerato ogni processo, contraendo nello spazio di cinque-sei anni quello che fino a pochi decenni fa era lo spazio, ventennale, tra due generazioni e di questo la scuola nel suo complesso, dai dirigenti agli operatori ad ogni livello ha il compito di tener conto, e tuttavia ciò non comporta una modificazione dell’essenza stessa della scuola.

 

               La scuola, italiana in particolare, nel suo nascere, nel suo atto costitutivo ha sempre privilegiato un elemento qualificante e caratterizzante: porsi il problema del rapporto con la società in cui opera e in cui vivono gli educandi, oltre che gli educatori. Che tale progetto educativo sia spesso ignoto ai docenti (in particolare del triennio finale della secondaria superiore, in cui in molti si illudono di “dispensare cultura”), per comodità, pigrizia o altro, non lo rende meno vero.

                Se “fare scuola” è dunque prima di tutto mantenere vivo il rapporto con la realtà esterna, è del tutto naturale che oggi la scuola esprima in se stessa la complessità del mondo contemporaneo e si ponga il problema di tener conto della trasformazione in atto. Non è una scuola nuova quella che si fa carico della crescita degli allievi, è “la” scuola e, appunto per questo, vanno modificati obiettivi e strategie di intervento, senza allontanarsi dall’impianto educativo che ne è il filo conduttore.

La convinzione diffusa che soltanto oggi la scuola abbia un ruolo nuovo, cioè educativo nella società suggerisce inevitabilmente un atteggiamento da neofita che può offrire e facilitare un entusiasmo finora non conosciuto, ma, ahimé, fa tabula rasa di esperienze, competenze, propositi e concezioni teoriche, nonché esperienze più o meno condivisibili, che da tempi insospettabili hanno ancorato la scuola alla società,  un immenso patrimonio pedagogico-educativo di cui la scuola italiana avrebbe potuto ragionevolmente nutrirsi (e che raramente ha riconosciuto).

             [...] Propongo di rileggere qualche raccomandazione che al  maestro veniva rivolta in tempi ben lontani, così tanto per sentirne aleggiare qualche profumo: l’invito di Vittorino da Feltre:

“Venite, fanciulli: qui si istruisce, non si tormenta”  si leggeva sulla porta della Ca’ zoiosa (nella Mantova dei Gonzaga, dal 1428): “Vittorino mira allo svolgimento compiuto ed armonico dell’uomo: cura il corpo, l’ingegno ed il cuore...il giuoco, al quale egli stesso partecipava, non solo è visto come esercizio spontaneo e prezioso della facoltà del discepolo, ma come mezzo di osservazione psicologica e pedagogica del maestro. A fondamento della sua opera di educazione egli pone infatti la conoscenza dell’indole, delle predisposizioni e delle possibilità: l’attività degli alunni, il riferimento agli interessi naturali...praticava i premi e i castighi, ma non usava parole umilianti o profondamente offensive...egli per primo mostrava in sé quanto chiedeva agli alunni:egli si preparava scrupolosamente alle lezioni e traduceva nel magistero sereno e ricreativo, l’austerità morale aperta e confidente della sua vita. Il segreto della sua straordinaria potenza educativa stava nel fatto che egli aveva saputo autoeducarsi fino ad essere secondo il proprio ideale”. (Agazzi A.,1964). 3

                 Il contributo di Maria Montessori, talvolta osteggiato e contrastato in Italia da altri pedagogisti, oggi più che mai ci appare rivelatore di princìpi essenziali, per i quali l’educazione del bambino, allo stesso modo di quella del portatore di handicap o di deficit, deve far leva sulla sensibilità in quanto la psiche dell'uno e dell'altro è tutta sensibilità, che spetta al docente far emergere, e l'educazione dei sensi è il momento preparatorio per lo sviluppo dell'intelligenza. “Questo è il primo compito urgente dell’educazione, liberare in questo senso è conoscere: anzi è scoprire l’ignoto. Se una differenza essenziale esiste tra le ricerche psicoanalitiche e questa psicologia del bambino ignoto, essa consiste primitivamente in ciò: che il segreto del subconscio dell’adulto è qualche cosa che rimane represso dall’individuo stesso. E bisogna rivolgersi all’individuo per aiutarlo a sbrogliare una matassa sepolta sotto adattamenti complessi e duri [...] invece il segreto del bambino è appena nascosto dall’ambiente”.(Montessori M. ,1950). 4

               Nella concezione montessoriana, il bambino è libero nella scelta del materiale con il quale vuole esercitarsi, quindi tutto deve scaturire dal suo interesse spontaneo, per cui l'educazione diviene un processo di auto-educazione ed auto-controllo.

              Anche chi espresse nei confronti della Montessori più perplessità che consensi, Lucio Lombardo Radice (Lombardo Radice L., 1986), a proposito dell’educazione scrive:  “l’educazione non incomincia con la scuola: ecco una scoperta della psicologia, della pedagogia e delle medicine moderne , che è divenuta abbastanza popolare. Che le impressioni, le abitudini, l’ambiente della primissima infanzia possano avere profonde influenze sul carattere e la personalità, ce lo dicono gli studiosi di psicologia e lo riconoscono e lo affermano anche, in modi diversi, articoli di riviste e quotidiani. Ma anche la capacità di ragionamento, anche la mente, comincia a svilupparsi sin dal secondo anno di vita almeno, se non proprio sin dalla nascita, e perciò anche con i più piccini parenti e maestri debbono porsi il problema di un sano sviluppo razionale, che li avvii ad essere da grandi coerenti e non illogici, colti e non succubi dei miti, e non superstiziosi, in grado insomma di distinguere il ragionamento giusto da quello sbagliato, la verità dalla favola.”. 5

“Io sogno una scuola che non sia aperta solo la mattina, che non sia fatta soltanto di aule per lezioni e interrogazioni: una scuola con luminose stanze fornite di tavoli da disegno [...] una scuola a orario completo; una scuola che offra ai giovani i mezzi per passare nel modo migliore, più intelligente, le ore libere; che, accanto allo studio obbligatorio comune, e dopo di esso, consenta ai giovani di esplicare insieme, per libera scelta e per conto loro, quelle attività senza le quali non vi è vera e completa formazione intellettuale, civile, sociale.(Lombardo Radice L., 1986).

                E Augusto Monti: “forse anche per colpa dei tempi, la scuola è andata sempre più mutandosi in ufficio e il maestro in impiegato. Non ci sono più scuole con insegnamenti, ma sedi con cattedre. [...] a poco a poco il male s’apprende anche al professore che non è più il professore bohémien e umanista che noi conoscemmo quand’eravamo studenti, e neanche quello del dottore erudito, ma è quello del professore funzionario.

(Monti A., 1968). 7

                  A proposito del rapporto docente-discente, Aldo Testa scrive: “il rapporto educando-educatore si afferma come rapporto di comune ricerca e comune conquista, in cui l’educatore, perché l’educando si educhi, deve esso pure, con lui conquistando la propria realtà, con lui educarsi.[...] la scuola si affermerà come scuola operosa, scuola di un concreto operare; a tale effetto è urgente che anche nella scuola secondaria si abolisca quell’assurdo residuo fossile che è il voto di condotta  che ragguaglia l’educazione morale all’ immobilità sul banco [...] cessa il grave problema derivante dalla dualistica distinzione tra il come insegnare e il che cosa insegnare: perché l’insegnamento (il come) è nello stesso apprendimento nel suo concreto determinarsi (il che cosa) [...] la riforma della scuola non potrà mai consistere in una delle tante e sempre vane riforme dei programmi, i quali ne costituiscono, anzi il limite; ma potrà aversi soltanto quando ci si sarà liberati dalla schiavitù dei programmi. La scuola si affermerà come scuola consapevole, scuola che si fa, in quanto è per sé ricerca”.(Testa A., 1970). 8  

                    In tempi molto più vicini a noi e da un osservatorio diverso, quello di chi è impegnato a prevenire e gestire il disagio giovanile (Vegetti Finzi S., Battistin A. M., 2000), raccogliamo un ennesimo invito perché la scuola sia  più che informazione: “La scuola [...]non può porsi come obiettivo soltanto l’acculturazione e la formazione dell’uomo politico, del cittadino padrone di sé, soggetto della propria vita pubblica e privata. Ma deve anche coordinare la dimensione sociale con quella psichica, tener conto della natura umana, delle sue possibilità e dei suoi limiti, della sua intrinseca fragilità”. 9     

                 Nella stessa direzione si collocano, e non da ora, le prospettive europee per la formazione iniziale degli insegnanti. Helsinki, maggio 1987, XV sessione della Conferenza permanente dei ministri europei dell’Educazione: “la formazione iniziale (minimo di 3 anni e a livello universitario) deve essere fondata su una vasta e solida educazione generale. Essa deve sviluppare la capacità intellettuale necessaria per permettere agli insegnanti di far fronte alle nuove sfide che incontreranno durante il loro lavoro futuro nella scuola, e di scegliere le conoscenze essenziali tra la massa di informazioni a disposizione. La formazione iniziale deve insistere sui seguenti punti:

  • l’acquisizione di abilità umane e sociali (come la comunicativa, l’adattabilità, la creatività, la fiducia in se stessi, l’empatia) di cui gli allievi-insegnanti avranno bisogno per la conduzione della classe, il lavoro di gruppo e i rapporti con i genitori, la pratica pedagogica, la conoscenza del sistema scolare e del suo funzionamento [...] la formazione iniziale deve permettere agli insegnanti di avere un minimo di conoscenze su ciò che concerne i risultati e i metodi della ricerca pedagogica, l’informazione e l’orientamento [...] l’educazione alla salute e alla sicurezza”. 10

Da chi si è occupato del counseling scolastico, troviamo indicazioni del tipo: [...]Scendendo più nel dettaglio, uno psicologo che fa counseling scolastico si deve impegnare soprattutto per il raggiungimento di alcuni obiettivi generali che sono:

1) Promuovere una cultura della prevenzione, secondo la quale occorre sviluppare come azione primaria il miglioramento della qualità della vita delle persone, in modo da attivare misure che modifichino in positivo i loro comportamenti e il loro stile di vita.

Nella scuola in particolare una cultura di prevenzione deve promuovere azioni concrete per la qualità della vita mentale e fisica degli studenti. Deve, inoltre, facilitare i processi di crescita individuale e quelli di gruppo da un punto di vista relazionale, la libera espressione emotiva e l'attenzione ai processi psicologici da un punto di vista comunicativo.

2) Favorire il clima scolastico, cioè creare un clima di relazioni che favorisca la crescita personale e un sereno apprendimento dei ragazzi.[...] Tutto questo in modo da far sì che l'ambiente scolastico sia un contesto educativo e di apprendimento, basato sui processi di crescita psicologica degli studenti.[...] Il raggiungimento di tutti questi obiettivi si ottiene attraverso l'utilizzazione di metodologie di intervento che si occupano dei processi comunicativi e psicologici, della relazione con l'ambiente, dell'interazione tra individui in un contesto specifico.[...] Queste modalità richiedono coinvolgimento, confronto, discussione critica centrando l'attenzione sulla soggettività e sul potenziamento personale e di gruppo. Tra le tecniche che possono essere usate ci sono: il lavoro in piccoli gruppi, l'ascolto attivo, le tecniche del brain-storming e del problem-solving, il circle time, il role-playing, i giochi di ruolo, la costruzione di una rete di collaborazioni..”.11

                      Ogni affermazione è del tutto condivisibile, ed è evidente che appartiene alla scuola, ne costituisce il suo “dna” : promuovere azioni concrete per la qualità della vita mentale e fisica degli studenti, facilitare i processi di crescita individuale e quelli di gruppo da un punto di vista relazionale,  favorire il clima scolastico, cioè creare un clima di relazioni che favorisca la crescita personale e un sereno apprendimento dei ragazzi, favorire in chi opera nella scuola, studenti, insegnanti, personale non docente, famiglie, la conoscenza dei processi dell'età evolutiva, la costruzione di relazioni significative; modalità che richiedono coinvolgimento, confronto, discussione critica centrando l'attenzione sulla soggettività e sul potenziamento personale e di gruppo, sono competenze, modalità e strategie didattiche. Se solo pensassimo di demandarle a figure altre, appunto lo psicologo, finiremmo per considerarle modalità eccezionali, praticabili da  specialisti.  È certo che non si sta dicendo che un docente può sostituirsi allo psicologo: gli ambiti di intervento (per il docente la pratica quotidiana di una didattica che si ponga obiettivi cognitivi e formativi, oltre che socio-affettivi e per il counselor o lo psicologo interventi di aiuto mirato a studenti, genitori, docenti, per problemi con caratteristiche di eccezionalità) sono distinti e tali vanno mantenuti, perché possa realizzarsi una loro complementarità.[...]

 

Note

3 Agazzi Aldo, Problemi e maestri del pensiero e dell’educazione, La Scuola, Brescia, 1964, pag. 57,59

4  Montessori Maria, Il segreto dell’infanzia, Garzanti, Milano, 1950

5 Lombardo Radice Lucio, L’educazione della mente, 1986, Editori Riuniti, Roma,

pag. 5

6 ibidem, pag. 32

7 Monti Augusto,  Scuola classica e scuola moderna, Einaudi, Torino,1968, pag. 7

8  Testa Aldo, La scuola dialogica, Cappelli, Modena,1970, pag. 31, 49

9 Vegetti Finzi Silvia, Battistin Anna Maria, L’età incerta, Mondadori, Milano, 2000, pag. 370

10La ricerca, 15 ottobre 1990, pag. 4

11 Valeria Mengozzi, http://www.cit

 

 

Cordialissimamente

Giancarla Mandozzi

 

 

 

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