Il progresso scientifico e tecnologico ha “ consegnato” al III millennio un Uomo con un rapporto con la tecnologia che non è più Strumento di potenziamento fisico e muscolare( tecnologie del movimento) o “semplice” Strumento di ampliamento della conoscenza ..
A ben riflettere le nuove tecnologie non si limitano ad espletare azione di supporto, globalmente inteso, ma espandono il concetto stesso di Realtà; la mente , avendo a disposizione strumenti che sollecitano direttamente la nostra percezione sensoriale, ri– elabora, in pratica, una nuova esperienza del reale. Perciò molti studiosi, della Scuola di M: Mcluhan, definiscono la I .C. T. (Information and Comunication Technology) come “psico-tecnologia o tecnologia della mente”: Infatti, per la sua caratteristica di ampliamento della percezione sensoriale, essa interagisce analogicamente con i nostri processi mentali e ,di conseguenza, col rapporto che ognuno di noi ha col computer.Questo spiega la forte attrattiva che molte persone, di qualsiasi fascia di età e condizione, hanno per la tecnologia: la capacità dilatativa dell’esperienza virtuale, fino al punto di generare nuovi mondi , rende, nei fatti , pressoché invisibile il limite spazio-temporale dell’esperienza reale, ampliandone, incontrovertibilmente, i confini. L’incidenza che ha questa forte modificazione all‘approccio del mezzo tecnologico ed al suo stesso linguaggio può dar luogo a condotte dis-adattative o compulsive ,in relazione al rapporto che la mente stabilisce con la tecnologia ed i nuovi media.In questo complesso processo valutativo , a mio parere, non deve essere trascurata la considerazione della relazione con lo strumento stesso che permette l’accesso all’esperienza. Basti pensare al rapporto di desiderio e di iper-valorizzazione che molti hanno con tali oggetti, a prescindere e prima ancora dell’esperienza comunicativa che essi veicolano.
La maggior parte delle esperienze che facciamo quotidianamente è mediata da tecnologie sempre più sofisticate; e ciò , in buona sostanza ,vuol dire che esse fungono da filtri ( sorta di estensione informatica del Sé) prima ancora che l’esperienza stessa venga registrata dalla nostra coscienza. Non a caso, a riguardo si parla di Remediation , per indicare le peculiarità” ipermedianti ed immediate” della comunicazione informatica
Ora, che un telefonino o un Pc migliorino la qualità della vita è un dato incontrovertibile. L’uomo è un “animale sociale” , e questi sono strumenti che consentono ad ognuno di potersi integrare al meglio nella società. Ma, al di là dei cosiddetti “neo bisogni” ,che ogni nuovo contesto sociale propone ed , a qualche livello, impone per molteplici ragioni che hanno come unica radice l’Integrazione, c’è un punto invisibile in cui, per una sorta di effetto paradosso, quelli che fino a poco tempo prima erano oggetti in grado di semplificare il quotidiano, si trasformano , nostro malgrado ,in invisibili guinzagli. Questo è il punto esatto in cui la relazione tra mente e mezzo tecnologico si stravolge e l’ampliamento del vissuto di controllo, che scaturisce proprio dalla forza degli strumenti informatici utilizzati , può trasformarsi nella percezione frustrante di una progressiva perdita del controllo della stessa esperienza tecno-indotta Questo è il luogo della mente in cui non è più possibile esercitare una scelta. Del resto, se ci si sofferma a pensare, l’esercizio personale e quotidiano della libertà, di fatto, si attua ogni volta che agiamo una scelta; così, anche il banale gesto di accendere un pc è, in fin dei conti ,un gesto, più o meno consapevole , di libero arbitrio e, come tale, di adesione a se stessi. Perciò perderne la consapevolezza dell’essenza può significare incrociare il fantasma di una dipendenza.
Per convenzione siamo abituati a definire tali quelle consuete( alcool , sostanze, gioco ) e non consideriamo che ogni volta che agiamo l’automatismo di controllare continuamente la “salute “ del nostro telefonino, ed ancora ogni volta che sediamo al tavolo da studio e da lavoro e, per prima cosa , ci assicuriamo che la nostra presenza al pc sia visibile on line, non stiamo agendo, ma subendo un oggetto che ,da veicolo di ampliamento dei nostri confini , si è , pian piano, trasformato in un” soggetto” cui stiamo , inconsapevolmente quanto progressivamente, consegnando la nostra libertà. In quelle che , convenzionalmente, vengono definite condotte da abuso tecnologico la confidenza col mezzo tecnico e la globale fiducia nella capacità di “ controllarlo” si ribalta nel controllo passivamente agito dalle esperienze e dal mezzo stesso sul soggetto dipendente che entra, così, in contatto pieno con la frustrazione e rabbia per la perdita di controllo su dati, informazioni e sullo stesso Pc. Non è un caso che , in questi anni , si stia approfondendo lo studio di tutti gli accessi emozionali legati all’utilizzo del mezzo informatico. La casistica sulla “ computer rage” e su tutte le sintomatologie caratterizzanti il cosiddetto “ tecno stress” è in continuo aumento. .
chi di noi, del resto, non ha sperimentato un senso di frustrazione o di rabbia di fronte ad un improvviso back-out del proprio computer.!? La domanda più logica è chiedersi se la società stessa non crei , per la sua stessa struttura , soggetti con questo tipo di dipendenza. Astenersi dall’utilizzo delle tecnologie e del linguaggio che esse determinano, nei fatti, è impossibile.. se si vuol mantenere la posizione di integrazione . Non pensiamo infatti che il prototipo dell’internet addicted sia solo chi usa in maniera compuslsiva i social network.
Le dipendenze tecnologiche hanno molti volti , ognuno ei quali rappresenta un‘opportunità sull’utilizzo della rete o comunque dello strumento tecnico. Infatti, ome si riscontra negli altri ambiti ,anche la dipendenza tecnologica si associa ad altre di diversa natura ( ad es il giocatore compulsivo ).
In conclusione è logico desumere che la caratteristica peculiare della dipendenza tecnologica e/o da internet sia la facilità di accesso , al mezzo tecnico ma anche al’oggetto stesso del nostro desiderio; altro dato rilevante, infine è la possibilità e la capacità di individuare la dipendenza stessa. Per la inevitabilità propria dell’utilizzo del mezzo informatico e dell’accesso alla rete per le più piccole faccende del nostro quotidiano è, nei fatti , molto più complicato riconoscere i sintomi di una dipendenza. Personalmente sono d’accoro con chi sostiene il Male non è nelle cose in sé , ma nell’uso che se ne fa; e, questa potrebbe essere una risposta possibile. Ma per essere realmente e non virtualmente , coerenti con quest’assunto c’è bisogno di si ridurre tutto , come sempre ,ad una sola fondamentale quanto essenziale parola: Consapevolezza.
Un intervento di counseling strutturato per il contenimento di queste problematiche,non può, ancora una volta non partire e dalla ed arrivare alla Consapevolezza.
Marcella Giordano
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