Ho sempre amato cantare e per coltivare questa mia passione ho studiato molti anni per migliorare la mia voce.
Tutti i miei insegnanti mi hanno dato consigli e indicazioni del tipo: “appoggia sul fiato”, “non spingere”, “non mandare il suono in testa”, “senti il diaframma”.
Metafore che facevano riferimento al corpo, alle sue sensazioni e viene spontaneo pensare che le lezioni si basassero sulla cura delle percezioni corporee e del loro controllo. Niente di tutto questo!
A nessuno veniva in mente di farmi “sentire” veramente nel corpo quello che mi veniva suggerito. I risultati erano del tutto casuali ed approssimativi; ciò era particolarmente evidente durante gli spettacoli dove il mio “successo” era inversamente proporzionale al livello del mio stato di tensione e quindi del mio stato di ansia.
L'unione tra la tecnica vocale e il benessere corporeo è un concetto che ho acquisito grazie all'ultima mia insegnante: Anne.
È lei che mi ha parlato per la prima volta di bioenergetica e di voce connessa a sentimenti e sensazioni, di respiro collegato al benessere e, più in generale, all’equilibrio corporeo.
Il risultato più tangibile è stata la consapevolezza che la corretta emissione vocale non era solo un fatto tecnico, ma era anche qualcosa che coinvolgeva tutto il mio essere.
Grazie a ciò oggi insegno canto, sono counsellor a mediazione corporea con indirizzo bioenergetico e conduttrice di classi di esercizi di bioenergetica.
Lavoro sulla vocalità portando l'attenzione dell'allievo sul corpo, facendogli comprendere che la voce può esprimersi al meglio solo se egli fisicamente è vibrante, vitale e pieno di motilità.
Il mio obiettivo è permettere alle persone di trovare un'emissione vocale libera e consapevole, aiutandole a stare meglio nel loro corpo. Sono facilitata in questo dagli esercizi di bioenergetica che permettono di allentare progressivamente quelle tensioni che sono causa di blocchi fisici, energetici e, quindi, emotivi.
La voce e la bioenergetica
In bioenergetica un ruolo fondamentale ce l'ha il grounding, la posizione base, di orientamento, che si ha stando eretti, con i piedi paralleli ad una distanza uguale all’ampiezza dei fianchi, gli alluci leggermente convergenti, le ginocchia morbide, il bacino rilassato, l’ano aperto, il pavimento pelvico parallelo alla terra.
Questa posizione eretta e morbida permette di percepire eventuali blocchi e anche la possibilità di superarli, dà modo di essere bilanciati e saldi, facilita il libero scorrimento dell’energia in un corpo finalmente rilassato, presente, “non costretto” e più consapevole.
Se mentre si canta si sta in grounding l'ovvia conseguenza è un fluire della voce libera e felice.
Infatti, grazie alla mia formazione bioenergetica, ho capito che il blocco della voce deriva da tensioni cronicizzate della mascella, del collo, delle spalle e, di conseguenza, del respiro. In questi atteggiamenti ritroviamo un vissuto di amore condizionato, di responsabilità imposte, di vergogne e fragilità esposte nostro malgrado, ma soprattutto dell’impossibilità di “dare voce” a tutto ciò.
Liberare queste zone dai blocchi fisici con appropriati esercizi di bioenergetica è importante per dare spazio alle emozioni sopite, ignorate, dimenticate e, di conseguenza, alla voce.
Cantare, allora, è un modo per entrare in contatto con il nostro sé, e quindi può risultare uno strumento efficace per imparare ad ascoltarci, per riscoprirci, darci fiducia, per accoglierci e accettarci, ma soprattutto per lasciarci andare al piacere della nostra musica interiore.
L'obiettivo è cantare per il piacere sottile di sentire questo fluido magico uscire da noi, espandersi nello spazio che ci circonda e portare all'ascoltatore il nostro... messaggio artistico.
La voce è un'esperienza
Mi fa piacere partire dall'esperienza dell'insegnamento del canto ai bambini, per i quali fare musica e cantare è un modo diverso di giocare e di stare insieme. Infatti la dimensione del gioco serve per richiamare la loro attenzione: vocalizzi da imitare, suoni fatti con parole buffe o inventate, piccole melodie liberamente cantate e legate a movimenti del corpo.
Dopo è, di fatto, più facile proporre esercizi dove è necessario...“stare”. Per esempio quelli fatti a occhi chiusi basati sull’ascolto della propria voce, del ritmo del proprio respiro e anche di tutto ciò che c'è intorno.
Non tutti chiudono gli occhi, non tutti si lasciano andare, non tutti si abbandonano al respiro, molti hanno la necessità di controllare l'ambiente circostante, altri di isolarsi.
In questi casi li aiuto portando la loro attenzione nel corpo e nel respiro grazie al tocco leggero della mano dietro la schiena per una postura migliore, una carezza sulla mascella serrata o, semplicemente, uno sguardo di intesa che può aiutarli a ritrovare la calma, la fiducia verso se stessi e, quindi, la possibilità di eseguire l’esercizio richiesto.
L'ascolto del proprio respiro, diventato più profondo, stabilisce una specie di atmosfera magica grazie alla quale posso cominciare a lavorare sulla voce.
Con gli adulti, invece, questa operazione è più difficile perché, nella maggior parte dei casi, domina la voglia della performance perfetta o la paura del giudizio e c'è più rigidità dovuta ad atteggiamenti fisici ed emotivi ormai consolidati.
Questo impedisce loro di avere una percezione reale delle loro possibilità e capacità e, di conseguenza, non si lasciano andare completamente né al gioco né a ciò che il corpo suggerisce in fatto di sensazioni.
È importante dar loro il tempo necessario per ritrovarsi, la possibilità di accogliersi anche nell'imperfezione che è da considerare come una risorsa, un punto di partenza con cui confrontarsi per i passi successivi.
Ho imparato da Alexander Lowen, il teorico della bioenergetica, che non esistono regole da seguire né errori da riparare, esiste solo l'esperienza fisica, emotiva e cognitiva di ognuno, l'unica vera fonte di apprendimento che abbiamo a nostra disposizione.
La voce è suono
Per dare espressione alla voce, è importante partire dal suono di ognuno e per entrare in contatto con questo si può giocare con la sua intensità: muoversi da un suono lieve per farlo crescere, esasperarlo e poi tornare nel silenzio in un gioco di “piano e fortissimo”.
Questa esperienza, giocata sui contrari e sui contrasti, dà la possibilità di notare le differenze nell'ambito del cantato o del parlato e di ascoltare come il suono emesso cambia a seconda delle posizioni dei muscoli del viso e quale, fra quelli emessi, è il più comodo per la propria gola!
Diventa un gioco, sia per grandi che per piccoli, cantare facendo smorfie, o incanalare il suono nel naso, o schiacciarlo in gola, o sussurrarlo, o emetterlo mentre si impastano con le dita guance, mandibola e collo.
La voce e le difficoltà
Ognuno nasce con un proprio potenziale musicale che, come ogni altra risorsa personale, va riconosciuta, coltivata, curata, incrementata. Quando questo non accade le persone possono sviluppare un senso di inadeguatezza che diventa incapacità ad ascoltarsi e ad ascoltare.
Gli “stonati” sono quelle persone che preferiscono non cantare (altrimenti “infastidiscono”), che hanno difficoltà ad ascoltarsi e ad ascoltare; oppure sono quelle che si ostinano a cantare in tonalità non congeniali al loro apparato fonatorio (per dimostrare che ce la possono fare).
Sia in un caso che nell'altro accingersi a cantare per loro significa “dover” soddisfare aspettative esterne, sottoporsi alla valutazione e questo fa loro perdere di vista il corpo che non viene più assecondato ma costretto a produrre quei suoni che poi risultano sgradevoli, strozzati, sofferti... stonati!
Nella mia esperienza ho potuto osservare che chi ha problemi di intonazione porta a lezione tutta la sua fragilità. Per questo motivo ha più bisogno di altri ad essere accolto senza giudizio nella sua difficoltà a “portare fuori” e va rispettato nel suo bisogno di prendersi tutto il tempo necessario per trovare il suono giusto e farlo proprio.
Continuando a parlare di difficoltà uno dei momenti più critici nelle esibizioni di ogni cantante è la nota della “performance”: l'acuto.
Emettere con “serenità” un acuto limpido e pieno non è semplice, sia per i bambini che per gli adulti, perché è necessario potersi abbandonare completamente al corpo.
In generale, perché questo accada, chiedo di dare uguale dignità a tutti i suoni emessi e non soltanto a quelli che si credono più difficili, di eseguirli con le stesse modalità, la stessa serenità e lo stesso piacere cercando di far sentire come ogni nota, anche la più piccola, è essenziale nell'economia di un brano.
Più che mai è necessaria la consapevolezza corporea, il grounding, il potersi riconoscere nella bellezza di un suono che in genere è il risultato di un percorso complesso e articolato.
Lavoro molto sul respiro chiedendo agli allievi di respirare “normalmente”, senza forzare, senza pensare a cosa sia giusto o sbagliato in quel momento, e di accompagnare i suoni critici con particolari movimenti del corpo come, ad esempio, scendere sulle ginocchia o spingere in basso le braccia aperte come ali (è il grounding!). Questo aiuta ad appoggiare il suono sul diaframma ma soprattutto a stare nel corpo, ad allentare la tensione alla gola senza pensare alla difficoltà tecnica,
È quello che permette di esibire un acuto pieno, sicuro ed intonato, è sentirsi forti, centrati, integrati nel contesto artistico, musicale, tecnico. È qualcosa che si avverte nel corpo, è una specie di banco di prova del dove e del come si è.
La voce e l'insegnamento
Sempre durante le lezioni, per affrontare le varie difficoltà che si presentano e per consolidare i progressi, propongo momenti di creatività facendo in modo che l'allievo si lasci andare all’invenzione musicale che può agganciare a parole inventate sul momento, a movimenti di danza o a sensazioni percepite difficili da esprimere con le parole ma molto più immediate dal punto di vista musicale.
Quando l'allievo riesce a lasciarsi andare a questa specie di gioco sa che dentro di sé ha le “soluzioni” e che per trovarle deve solo darsi fiducia e il tempo necessario per cercarle.
È importante che durante le lezioni le persone provino piacere e divertimento e che, attraverso la scoperta delle loro potenzialità musicali e vocali, si sentano consapevoli anche del loro valore personale.
Nell'insegnamento del canto trovo preziosa la mia esperienza di counsellor e quindi so che è fondamentale rispettare il ritmo di crescita personale e i bisogni dell'allievo-cliente per aiutarlo a sentirsi efficace, ad avere fiducia in se stesso per aver modo di affrontare le sue “prove” in modo più centrato.
Il mio obiettivo non è, banalmente, quello di formare dei cantanti ma quello di permettere ai miei allievi di “sentire il piacere di cantare” per conquistare o riconquistare parti dimenticate o non valorizzate di se stessi in un percorso dove è il corpo, grazie alle sue sensazioni, la guida più sicura.
Il corpo non mente.
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