Chi ha paura dell'uomo nero?


ImageTutto possiamo dire della nostra società tranne che essa non offra la possibilità di comunicare. Comunicare, si badi bene, non è solo un processo di trasmissione, ma nel suo significato ha in se il senso semantico di "far conoscere", "render noto". La società moderna è addirittura ridondante di possibilità di incontro con "l'altro", il quale per diversità, può finanche trasmetterci conoscenze che non abbiamo. Eppure, ancora troppo spesso temiamo "l'altro" e la sua diversità. Stella de Fanzago, in un suo articolo scrive: "Aumentano le possibilità di incontro e di conoscenza reciproca, di convivenza con la diversità ma non si assiste, a livello di coscienza comune, ad un estendersi né ad un radicarsi della cultura della convivenza tra i diversi modi nei quali si esprime la comune identità umana. Al contrario, si assiste ad un irrigidimento del proprio "particolare", ad una difesa ad oltranza del proprio modo di vivere, di esprimersi, di rapportarsi con gli altri. A maggiori possibilità di conoscenza corrisponde non una maggiore abitudine alla reciproca accettazione, bensì un aumento della diffidenza, dell'aggressività", in altri termini di mancanza di dialogo. Eppure, sin dall'antichità il dialogo ha rappresentato la "croce e delizia" delle umane società. Socrate, ad esempio che ne rappresenta in qualche modo l'incarnazione, la utilizza quale strumento alla ricerca della verità, verità intesa come conoscenza, diremmo nel nostro caso, per mezzo della quale conduce chi non sa alla scoperta di "nuove cose". Purtroppo ben conosciamo come la storia poi sia stata invece attraversata trasversalmente da condotte belliche piuttosto che dal dialogo, ma potremmo sostenere con altrettanta certezza che sia stata proprio per paura che le guerre hanno preso il sopravvento alla ragione. Infatti come se fosse un bene abbiamo tanto sentito dire: "Chi attacca per primo attacca due volte!". Più che una frase un meme.

Image Comunicazione è conoscenza. Non a caso Comunicare si identifica per via latina in cum = con e munire = legare, costruire. In latino communico vuol dire mettere in comune, far partecipe. Quando questa "comunicazione è negata a se stessi ed agli altri allora può accadere che l'Altro faccia paura, susciti reazioni prevalentemente negative, che la vicinanza alimenti anziché dissolvere, perchè l'altrui presenza è vissuta come un'invadenza del campo di appartenenza, un'usurpazione della proprietà, una minaccia a ciò che ci appartiene e per questo va perseguito ad ogni costo. Nella maggior parte dei casi, la presenza del diverso, specie se di altra etnia non è mai percepita come una occasione di crescita vicendevole quindi.

"Riportare alla coscienza l'origine dei pregiudizi, analizzando le condizioni culturali e politiche che li generarono, significa "relativizzarli", dimostrare quanto dipendente da fattori contingenti sia la loro presunta, irrefutabile " verità ", facilitando il percorso da un atteggiamento di difesa esasperata della propria identità ad un riconoscimento dell'identità dell'Altro, superandone ed eliminandone la percezione negativa ", continua nello scrivere Stella de Fanzago. E' su questi timori di malignità del "diverso", che sinanche i genitori faranno leva per rabbonire i figli indisciplinati, minacciandoli di abbandonarli all"uomo nero". Il nero, almeno nella nostra società, è il colore della notte e della morte dell'intimorente e dell'ignoto. Nera è la vita grama. Nera è anche la sfortuna e la fame. Nero è in psicologia, il colore di quanto rifiutiamo.

Ecco allora chiarirsi che tale paura ci appartiene da sempre. Ci ha fatto paura il buio, ci fa paura l'oscura incognita del vivere quotidiano e ci farà paura il nero funereo del freddo sonno eterno che verrà. Il timore di ciò che l'uomo non conosce, gli suona incontrollabile e lo teme. Una paura ancestrale che lo accompagna sulla via filogenetica. Chi ha paura dell'uomo nero? L'uomo...... Rimanendo nell'ambito della psicologia, l'abnorme timore del diverso da noi è oltremodo classificata nella quarta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disordini mentali DSM-IV, che inquadra tale paura nella descrizione di una fobia, un'intensa ansia che si manifesta in seguito all'esposizione "all'oggetto della fobia stessa, sia nella vita reale che nella vita immaginaria o in video..".

E' la Xenofobia. Wikipedia distingue la xenofobia in due oggetti principali verso cui si manifesta tale fobia: il primo è una popolazione presente all'interno di una società, che però non è considerata parte di quella società. Spesso si tratta di immigrati recenti, ma la xenofobia può anche essere diretta verso un gruppo che sia presente da secoli. Questa forma può provocare o facilitare reazioni ostili e violente, come l'espulsione di massa degli immigranti o, nei casi peggiori, il massacro, come nel caso dei rom. La seconda forma, per riprendere quanto precedentemente sostenuto, è prevalentemente culturale e l'oggetto della fobia sono alcuni elementi culturali che vengono considerati alieni.

Tutte le culture sono soggette a influenze esterne, ma la xenofobia culturale è spesso ben indirizzata, ad esempio verso parole straniere inserite nella lingua nazionale. Conduce raramente ad aggredire le persone, può portare a campagne politiche per la purezza della cultura e della lingua. Purtroppo la strada è troppo e troppo lunga, poichè come le ultime vicende insegnano nonostante l'alto grado di civilizzazione raggiunto, non è sufficiente avere la possibilità di avvicinare l'Altro, di condividerne momenti di vita, per divenire capaci di superare le divisioni ideologiche ed i pregiudizi culturali che proprio la vicinanza talvolta contribuisce a fare emergere dalle profondità del senso comune collettivo. Occorre cambiare il proprio modo di vedere e "Sentire" ciò che è diverso. Occorrerebbe capire che se io so una cosa e lui ne sa un'altra ognuno di noi sa una cosa. Nell'incontro di culture diverse e nello scambio informativo tipico del dialogo ognuno conoscerebbe invece due cose...
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