Nel counseling di gruppo può succedere che i singoli partecipanti si comportino in modo tale da ostacolare l’interazione nel gruppo stesso. Tale comportamenti di disturbo possono essere:
- sbloccare lo svolgimento del compito che si intende perseguire e l’emergenza di possibili richieste sociali;
- impedire ai partecipanti la possibilità di un lavoro introspettivo su di sé e l’espressione di nuove punto di vista o sentimenti spiacevoli;
- favorire la tendenza a manipolare altre persone, per soddisfare propri desideri che non vengono espressi chiaramente.
- comportamento aggressivo
Manifestazione di aggressività, ostilità, opposizione, camuffate ed esplicitate, scandiscono la vita di ogni gruppo, e che tale manifestazioni sono tanto più intense quando più è stata particolarmente idealizzata la dipendenza nei confronti del conduttore. Il comportamento positivo è tipico di coloro che cercano in qualche modo di impedire lo svolgimento delle attività di gruppo.
Tale comportamento può esprimersi nei confronti:
-del counselor
-del gruppo
-di persone all’esterno del gruppo
-contro partecipanti che esponendosi tendono a manipolarla seduta
- contro un partecipante più debole.
Occorre avere presente che nella maggior parte dei casi l’aggressività del suo membro del gruppo, il realtà tende a coprire un sentimento di ostilità verso il counselor.
L’abilità del counselor di tollerare e consentire un certo livello di ribellione e di vitale importanza. Il counselor per fronteggiare l’opposizione dei partecipanti procedere con prudenza. Ci vuole tempo perché qualcuno possa abbandonare la propria posizione interiore di ostilità.
La soluzione migliore da parte del counselor lo sta nel sanzionare il comportamento aggressivo o nell’entrare in un conflitto diretto, ma nel dare la possibilità di esprimere l’aggressività o l’opposizione in modo attivo e aperto. È indispensabile che il counselor intervenga quando partecipante agisce un comportamento o positivo, invitandolo a rendersi consapevole del proprio comportamento e degli obiettivi che tale comportamento persegue e dell’eventuale conseguenze (come ad esempio. la difficoltà a mantenere un rapporto collaborativo, ecc.) in tal caso il counselor può rivolgersi al partecipante con una semplice domanda “ti accorgi di quello che fai?” “che cosa ti infastidisce?”.
Se non partecipante può esprimere in modo diretto il proprio dissenso le possibilità di un cambiamento positivo possono essere alte.
- comportamento logorroico
a volte partecipante tiene discorsi che non finiscono mai, attirando tutta la tensione su di Sé. In alcuni casi tale comportamento può essere un tentativo, consapevole o meno,di controllare il gruppo, riducendo la possibilità di essere contestato, in altri una sopravvalutazione delle proprie capacità, espressa con il desiderio di emergere intellettualmente, in altri ancora un modo per difendersi e per nascondere il proprio senso di inferiorità. Non è facile aiutare i partecipanti che parlano troppo.
Il counselor deve cercare di limitare la logorrea del partecipante senza offenderlo, con molta delicatezza e tanta sensibilità. Oppure si può dare il tempo a colui che parla molto, finché gli altri sono disponibili ad ascoltarlo. Questo lo aiuta forse a sentirsi accettato e in ridurre in futuro la durata dei suoi discorsi. Talora il parlare troppo si manifesta con la tendenza di alcuni di cambiare ripetutamente discusso; tali soggetti o non sono disposti o non sono capaci a rimanere concentrati, oppure non capiscono l’attività del gruppo o non si sentono a loro agio; oppure per altre ragioni la discussione li annoia ma non hanno il coraggio di dirlo apertamente. Tale comportamento può essere svantaggioso per il gruppo. È quindi importante che il counselor richiama l’attenzione della persona in questione sul modo in cui comunica, offrendogli, se fosse necessario, la possibilità di esprimere il suo bisogno celato in modo diretto e quindi costruttivo.
- il comportamento provocatorio
tale comportamento può manifestarsi attraverso:
-provocare conflitti e sabotare;di solo nel gruppo dei fomentatori che godono nel provocare “cinicamente” conflitti, provocando gli altri affinché si rivelino in tutta la loro aggressività. Spesso i fomentatori non si sentono a proprio agio, sono invidiosi ed ansiosi, temono di non farcela o di non essere accettati, e hanno difficoltà a stabilire un contatto sincero con gli altri partecipanti del gruppo.
Il counselor impedirà in modo energetico e deciso ai fomentatori di provocare, mettendoli di fronte al loro comportamento di disturbo, e chiedendogli di esprimere loro in prima persona ciò che sentono e ai sabotatori di cominciare a manifestare i propri bisogni, per riuscire a piccoli passi dalla loro solitudine interiore.
- mancare agli incontri di gruppo;può accadere che alcuni partecipanti tardano o non vengono affatto agli incontri di gruppo, esprimendo così la loro opposizione o alle attività che vengono svolte perché troppo impegnative o nei confronti del counselor, che “non ha compreso le sue esigenze di protagonismo” (“se manco si accorgeranno quando sono importante”) e che in qualche modo gli ha mancato di rispetto. Il counselor ha il compito di mettersi in contatto telefonico con la persona che si è assentata, comunicandogli che la sua presenza è desiderata e che si sente la sua mancanza. Ogni partecipante deve sapere che ha il diritto di ritirarsi in ogni momento al gruppo, ma che tale decisione è bene venga comunicata direttamente al gruppo stesso. Se la persona interpellata non si presenta più il counselor si rivolgerà al gruppo con la domanda: “ che cosa significa per voi il fatto che Francesca non intende più partecipare?”.
Se invece chi è ripetutamente mancato si presenta al gruppo per comunicare la propria decisione di andarsene, il counselor si rivolgerà a lei in questi termini “Francesca momentaneamente hai deciso di interrompere. Rispetto la tua posizione e apprezzo la tua chiarezza nel dircelo. Quando vorrei stare di nuovo con noi, sarai accolta con piacere. In tale modo il counselor rispetta l’opposizione sinceramente espressa dal partecipante e lo lascia libero di agire secondo le proprie intenzioni.
- il comportamento consolatorio
vi sono partecipanti che non sono ipersolleciti ad aiutare gli altri. Se uno del gruppo soffre o esprime forti sentimenti di tristezza o di rabbia, allora tali partecipanti subito si mettono in animo di consolarlo (“so cosa senti… posso fare qualcosa per te?... devi sentirti malissimo… questo non lo sapevo per niente…”, “non essere tanto triste… non è poi tanto grave…”, “sono sempre qui a tua disposizione…”). I consolatori non sono in grado di supportare i propri conflitti interiori e forse neppure di rendersene conto, non sanno chiedere aiuto e hanno difficoltà a esprimere direttamente le proprie esigenze e a pretendere qualcosa per se stessi.
Il counselor in questi casi non deve ne criticare ne ironizzare, ma deve invitare il consolatore a comunicare i propri sentimenti o le proprie esperienze, oppure ad “abbracciare semplicemente” l’altro che si vorrebbe aiutare senza fare alcun discorso o riferire alcuna parola.
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