L’ascolto è un atto intenzionale che impegna la nostra attenzione a cogliere quanto l’altro ci riferisce sia in modo esplicito che implicito, sia con le parole che con il corpo. Chi ascolta “con tutto se stesso” è proteso ad accogliere il “non dichiarato” del proprio interlocutore, le sue finalità sottese, le sue inquietudini nascoste. Ciò è possibile in quanto chi si pone in un atteggiamento di ascolto autentico non si limita a registrare le parole dell’altro, ma cerca di intravedere in esse un’intenzionalità spesso celata sia all’emittente che al ricevente.
Riflettere su ciò che si ascolta significa, tramite un consapevole atto metacomunicativo, cogliere il senso incompiuto del discorso dell’altro nella sua totalità.
Ricordiamo che nell’ascolto attivo sono coinvolti tre processi:
- la ricezione del messaggio
- l’elaborazione del messaggio
- la risposta al messaggio
La ricezione del messaggio
implica da parte di chi ascolta una concentrazione non strutturata sia su quanto l’altro dice con le parole, sia su ciò che esprime con la mimica, la gestualità, il movimento, ecc.
L’ elaborazione del messaggio
avviene nel momento in cui chi ascolta attribuisce uno o più significati al messaggio ricevuto.
La risposta al messaggio
viene data da parte di chi ascolta al proprio interlocutore, dopo che il messaggio stesso è stato interpretato, allo scopo o di informarlo di qualcosa, o di aiutarlo a risolvere il problema che sta affrontando, o di ampliare la comprensione di se stesso.
Il comportamento di supporto verbale comprende forme direttive, non direttive, valutative o di sostegno, a seconda della necessità dell’interlocutore.
La risposta può avvenire:
In forma non direttiva per:
CHIARIFICAZIONE; si tratta di una domanda volta a chiedere chiarimenti circa un messaggio che il ricevente ritiene ancora ambiguo, contraddittorio, confuso, o con parti non esplicitate, oppure semplicemente per avere un supplemento di informazioni.
La richiesta di chiarificazione è generalmente espressa con frasi del tipo: “mi stai dicendo che…?”, oppure: “puoi descrivermi in modo più preciso quanto mi stai dicendo…?”, ecc.
Spesso tale tipo di domanda viene fatta anche al solo scopo di confermare l’esattezza di ciò che si è capito.
PARAFRASI
E’ una forma di supporto verbale caratterizzata da una riformulazione sintetica e chiarificatrice dei contenuti essenziali della comunicazione dell’altro, ossia del contenuto del massaggio di chi sta parlando, al fine di aiutarlo ad ampliare la comprensione cognitiva in merito al problema che vuole risolvere e di offrirgli la consapevolezza di essere stato capito.
La parafrasi coglie l’essenza del discorso del cliente, senza distorcene il senso profondo.
Nella parafrasi o si usano le stesse parole del cliente (“parafrasi – eco), oppure si usano parole diverse, ma senza mai alterare idee e concetti principali che devono continuare a riflettere il punto di vista del cliente (“parafrasi vera e propria”).
Una parafrasi di solito è costituita dalle seguenti dimensioni:
ð un inizio di frase che si concentra su un’ipotesi di comprensione, attraverso locuzioni del tipo:
- “se ho capito bene…”
- “a suo avviso…”
- “immagino che lei stia dicendo…”
- “penso che lei stia dicendo…”
- “lei si domanda in parole povere…
ð L’essenza di ciò che ha detto il cliente in forma succinta, significativa e chiarificatrice.
ð Una verifica conclusiva che consiste in una breve domanda (es. “ho capito bene?”, “ho inteso correttamente?” ecc.), espressa dal counselor al termine della parafrasi al fine, a partire da una posizione di simmetria, di chiedere attraverso un doveroso atto di sincera umiltà, se quanto è stato riferito è stato realmente compreso.
Va ricordato che in caso di dissenso del cliente, vale il principio che “il cliente ha sempre ragione”. Vale a dire che nessun counselor in nessun modo può imporre il proprio punto di vista.
Oltre la parafrasi “vera e propria” abbiamo altri tipi di parafrasi:
PARAFRASI CRITICA O PROVOCATORIA consente al cliente un riesame della validità delle proprie affermazioni.
PARAFRASI DELUCIDANTE O DI AMPLIAMENTO consente di ripresentare in modo chiaro le problematiche del cliente nel momento in cui le sue asserzioni contengono elementi discordante o confusi tra loro.
PARAFRASI ROVESCIAMENTO FIGURA SFONDO è particolarmente efficace in quanto induce il cliente a riconsiderare la propria affermazione da un punto di vista più personale. Va usata con molta cautela.
PARAFRASI DI SOTTOLINEATURA O DI EVIDENZIAZIONE è volta ad evidenziare nell’interlocutore qualcosa su cui è opportuno soffermarsi a riflettere.
PARAFRASI DI CONFRONTO ha la funzione di evidenziare un paradosso comunicativo del cliente col fine di decontaminare il suo stato dell’Io adulto da influenze negative dello stato dell’Io bambino.
La parafrasi confronto deve attenersi ad alcuni fondamentali presupposti:
- per evidenziare paradossi occorre che si sia stabilita una certa indipendenza ed autonomia di giudizio da parte del cliente
- tale parafrasi non deve mai venire posta come sfida, ma come ricerca di chiarificazione
- deve essere finalizzata ad evidenziare una discrepanza per il raggiungimento di un obiettivo
- il paradosso deve essere ulteriormente approfondito attraverso il gioco delle due sedie
- non deve essere usata se c’è in corso un transfert o un contro – transfert negativo.
VERBALIZZAZIONE
Nel processo di counseling è fondamentale aiutare il cliente a svelare quello che prova.
Emozioni e sentimenti sono il punto chiave del processo di counseling poiché il cliente spesso chiede aiuto per superare ed elaborare emozioni disfunzionali o comportamenti inappropriati sotto i quali vi è quasi sempre una componente emotiva.
E’ molto importante, quindi, che le emozioni da parte del cliente siano riconosciute, etichettate, nominate, espresse, condivise, ascoltate, gestite, regolate.
La verbalizzazione o rispecchiamento dei sentimenti, è una forma di supporto verbale che riformula gli stati d’animo contenuti nel messaggio del cliente, al fine di aiutarlo a mettersi in contatto con gli aspetti emozionali del suo discorso e a porre in risalto il significato soggettivo che attribuisce alle proprie esperienze, in modo tale che possa acquisire una maggiore consapevolezza dei sentimenti che prova.
La verbalizzazione, assomiglia ad una parafrasi, che anziché concentrarsi sui contenuti e sui fatti raccontati si focalizza sulle parole emotive richiamando la dimensione affettiva ed emozionale del racconto.
La verbalizzazione può avvenire attraverso:
- il rispecchiamento diretto delle parole “emozionali” del cliente, allorché si ripete ciò che il cliente ha affermato in termini emotivi.
Inizialmente può essere utile che il counselor identifichi le parole chiave che in modo diretto si riferiscono al mondo emozionale del cliente.
- Un sinonimo, ossia un termine che esprime lo stesso significato.
- Un antinomia, ossia un termine usato per esprimere uno stato emozionale opposto.
- Un optativo, ossia un termine usato per esprimere l’emozionalità desiderata.
- Una domanda aperta e diretta tipo: “Che cosa prova in questo momento?”, “Può descrivere come si sente?”, ecc.
- Una domanda chiusa, che veicola una parola mancante che mette in luce un’emozione tenuta nascosta o non ancora riconosciuta.
- Evidenziando indizi non verbali che sono discrepanti con il dichiarato
- Formulando una frase direzionale del tipo: “Cosa accade quando ti senti…?”, “Puoi descrivere la sensazione di…?”, “Cosa è stato detto che ti ha fatto sentire…?”, ecc. In questo modo il cliente viene incoraggiato a descrivere come è stata vissuta l’emozione utilizzando “altre prospettive” e “altre parole”.
Affinché la verbalizzazione sia efficace occorre che:
sia coincisa e concreta
si riferisca al canale sensoriale privilegiato (uditivo, visivo, cenestesico) dal cliente
privilegi gli stati emozionali attuali, ossia come il cliente li sperimenta nel qui ed ora della relazione. Alcuni clienti risultano essere sopraffatti dalle emozioni e dai sentimenti, e quindi usano il pensiero ed i processi cognitivi per evitare di fermarsi su cosa sentono. E’ importante, quindi, che il counselor sappia che vi sono clienti che:
preferiscono vivere le emozioni piuttosto che nominarle, che usano inconsapevolmente le emozioni per evitare un contatto con se stessi.
preferiscono nominare ed etichettare le emozioni anziché viverle a livello sensomotorio oppure preferiscono un atteggiamento astratto di non contatto diretto sulle emozioni. Si tratta di clienti con tendenze alessitimiche che sono estremamente bravi a riflettere sui loro sentimenti, a razionalizzare ed intellettualizzare, ma non si permettono mai di vivere l’emozione ad un livello sensomotorio completo.
In quest’ultimo caso, quando il cliente con tratti alessitimici od ossessivi non entra in contatto con le emozioni, il counselor può con molta prudenza:
- chiedere al cliente di esprimersi ancora sull’argomento trattato;
- ritornare sulla parola evocativa di uno stato emozionale;
- presentare alcuni aspetti positivi collegati con l’emozione provata;
- ampliare la descrizione dell’emozione attraverso l’immaginazione;
- usare tecniche sensomotorie, bioenergetiche, biosistemiche o gestaltiche, improntate al qui ed ora, allo scopo di favorire nel cliente una maggiore attenzione alle corrispondenze tra proprie percezioni, propri segnali corporei e proprie emozioni, al fine di una loro integrazione nel processo di consapevolezza.
Se nelle prime parole l’emozione è imbrigliata, soffocata e contratta, il counselor può aiutare il cliente ad esprimere l’emozione attraverso il corpo.
Quando, invece, con clienti tendenzialmente con tratti isterici, borderline o di disregolazione emotiva, compaiono disperazione, gioia, rabbia o altro in modo esaltante ed incontrollabile, è importante che il counselor:
- inviti il cliente a disidentificarsi dal sentire attraverso il pensare;
- offra dignità all’espressione emozionale del cliente senza intromettersi troppo;
- mantenga l’espressione emotiva entro un certo limite temporale.
Due o tre minuti quandi si sta piangendo rappresentano un tempo lungo a sufficienza, trascorso il quale è importante aiutare il cliente a riprendersi nel seguente modo:
- invitandolo a rallentare il respiro, a stare diritto ed assumere una postura di maggior controllo;
- discutendo i punti di forza della situazione;
- fornisca un nuovo inquadramento positivo dell’esperienza emotiva.
Quando si è in presenza di un sentimento negativo forte, di solito c’è
anche un sentimento positivo altrettanto forte da poterlo contrastare.
SOMMARIO O TEMATIZZAZIONE RIASSUNTIVA consiste in una riformulazione di due o più parti del messaggio e serve per riportare l’interlocutore sul focus del discorso o per individuare collegamenti o connessioni in caso di una comunicazione prolissa.
In forma semi-direttiva per:
Domande esplorative;
sono supporti verbali utilizzati per indagare aspetti significativi del discorso dell’altro, espressi però in modo troppo generico o per identificare i parametri di un problema con la richiesta di ulteriori informazioni.
Abbiamo domande esplorative del tipo diretto: “come trascorre il suo tempo libero?”, o del tipo indiretto “vuol dire qualcosa di più in merito…?”.
Le domande con il che cosa sollecitano la richiesta di informazioni e fatti, con il come di processi ed emozioni, con il perché di motivazioni e spiegazioni.
La domanda esplorativa si può semplicemente configurare come una domanda di estensione utile ad allargare la comunicazione ad aree non esplorate.
Tra le domande esplorative abbiamo anche:
le domande indirette,
che indagano aspetti intimi della vita dell’altro senza che ne sia esplicitato il fine o l’intento. Es. “vuole descrivermi come trascorre abitualmente le sue serate?”.
Le domande proiettive,
vengono utilizzate in genere con i bambini e servono per fare in modo che l’altro sveli se stesso senza rendersi conto di parlare di se stesso. Es. “se lei parlasse di una persona che stima, come la descriverebbe?”.
Vanno evitate domande che tendono a rafforzare le difese nevrotiche dell’altro, come ad esempio quelle che sono “troppo invadenti” o che usano in modo eccessivo “il perché” con chi tende ad intellettualizzare troppo o a colpevolizzarsi, o domande suggestivo - manipolatorie del tipo “tu sai che…”, domande che non chiedono nulla in quanto hanno già in se la risposta.
Confronto; è una forma di supporto verbale che rivela al locatore eventuali incoerenze, discrepanze, conflitti, domande di doppio legame. Es. “lei sostiene che desidera un incontro con me, ma è da un po’ che non mi telefona”.
Interpretazione; consiste nella formulazione di una ipotesi di significato circa episodi, comportamenti, sentimenti, idee dell’emittente al fine di ampliare la consapevolezza del problema che affronta e di se stesso. L’interpretazione sottolinea l’importanza di aiutare i clienti a generare e ad osservare il problema da una nuova prospettiva. Questo modo di pensare li aiuterà a vedere i problemi sotto un’altra ottica e a ristrutturare le storie problematiche. Ogni interpretazione va data solo al momento opportuno e va formulata sempre in termini probabilistici come un itinerario di possibile significazione: “si può ritenere che…”.
Dare informazioni è una forma di supporto verbale che cerca di fornire all’altro informazioni al fine di aiutarlo a trovare alternative ai suoi comportamenti. Non si tratta di consigli o di prescrizioni ma di offerte di possibili indicazioni tra le quali scegliere.
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