INCERTEZZA, INTUITO E CASUALITA’. Componenti irrinunciabili nel problem-solving?

Inviato da Nuccio Salis

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Fra gli argomenti affrontati dal counseling, emerge in modo frequente la necessità di adoperare schemi e modelli sufficientemente affidabili e validati in relazione al tema della scelta da intraprendere, col fine di raggiungere le mete desiderabili e sciogliere un problem-solving.

La questione della giusta e saggia decisione da assumere è un argomento decisamente focale nel counseling che si propone come percorso strutturato di aiuto alla persona, dal momento che l’impegno che ci si ascrive consiste appunto nell’offrire una guida sicura che sappia orientare e condurre verso la capacità di saper decidere con piena coscienza e autonomia.

 

L’idea di base consiste nel voler offrire modelli in grado di sollecitare qualunque individuo a muoversi potendo contare su indicazioni percorribili, su opzioni che mobilitano la ricerca esplorativa, la curiosità e il desiderio di appagare il risultato.

Dentro un tale panorama di obiettivi diventa plausibile reperire tutta una serie di direttive e processi di provata attendibilità, ricorrendo a strategie ritenute potenzialmente sicure.

Il counseling cerca di avvalersi di tali metodologie, con il fine di poter soddisfare le richieste che provengono dall’area dei bisogni dei clienti, e per poter dunque affermarsi come una disciplina che può contare su uno statuto autorevole e di elevato spessore scientifico.

Questo obiettivo non sottrae comunque il counseling dalla constatazione di come ciascun fenomeno osservato, e di conseguenza affrontato con i mezzi conosciuti, sia perennemente caratterizzato da un ampio margine di imponderabilità e di incertezza. E questo significa anche come sia complicato formulare ipotesi fondate su previsioni certe, e su come sia improbabile sottoporre a completo controllo tutte le variabili che interferiscono con le aspettative considerate più realizzabili.

Peraltro, sarebbe di fatto oltraggioso proporre gli strumenti del counseling come mezzi dotati di garanzia di prevedibilità. Un approccio così ingenuo, oltre che rimettere tutto sulla presunta efficacia del mezzo, non faciliterebbe un percorso eventualmente contrastato da fattori carichi di estemporaneità e di ostilità in grado di disattendere qualunque previsione.

Il counseling ha dunque a che fare con la tematica dell’imprevedibile. L’accettazione di un margine di rischio e di imponderabilità rappresenta l’ottica più realistica e costruttiva, mediante la quale procedere per mettersi al servizio di chi desidera maturare ed espandere le sue risorse, muovendosi su un territorio in cui si deve necessariamente ricorrere a quelle qualità personali quali l’intuito, la creatività, la tolleranza dell’errore, l’accettazione dell’incertezza; qualità, per l’appunto, candidate come doti necessarie per poter crescere ed apprendere ottimizzando il profilo del proprio Sé.

Questa impostazione aiuta e facilita chi dispone del counseling a non illudere se stesso, a non delegare alla tecnica il suo desiderio di riscatto e di successo, e quindi a mobilitarsi per fronteggiare la complessità, nella consapevolezza che le prospettive auspicate potrebbero essere tutt’altro che lineari. La visione cosciente di tale prospettiva dinamica è molto importante, dal momento che costituisce uno spartiacque fra chi attende con convinzione una sorta di “effetto della logica conseguenza”, e chi d’altra parte conosce la probabile fluttuazione degli elementi in gioco, e si prepara per accogliere anche rischi ed imprevisti, nell’ottica di dilatare le proprie abilità a gestire e risolvere problemi.

Si potrebbe cioè riflettere su come curiosamente risulti stretto questo rapporto fra strutturazione di percorsi sicuri e intreccio o comparsa di variabili inaspettate.

Tale questione induce fortemente a meditare, soprattutto dal momento in cui le vicende umane mettono spesso in evidenza come certe scelte fortuite ed occasionali (almeno all’apparenza) sembrano aver prodotto successi ed episodi vincenti nella vita delle persone.

Pensiamo per esempio a chi vince un grosso montepremi semplicemente scegliendo un pacco vincente, grattando su un biglietto fortunato oppure puntando o scommettendo sulla comparsa di un evento che non è possibile predire con assoluta certezza.

E come non pensare al polpo Paul che (escludendo trucchi o copioni da spettacolo) azzeccava i pronostici dei risultati del calcio, al contrario dei più recenti e clamorosi fallimenti dei sondaggi e delle statistiche, seppur condotte con rigore e collaudati metodi scientifici.

In pratica, il caso e l’incertezza sembrano farla da padrone, infischiandosene dell’analisi problemica, delle strategie solutorie e dell’approccio scientifico che illustra metodi e coordinate per elevare il rendimento e l’efficienza nel problem-solving. 

D’altra parte, altrettanto corretto sarebbe chiedersi se tutto questo non riguardi un nostro errore percettivo e di valutazione, dal momento che anche la cosiddetta fortuna, fa avverare i sogni di chi comunque l’ha aiutata, prendendo comunque un minimo di iniziativa, visto che non si può certamente vincere alla schedina senza averla prima giocata.

Quello che forse saggiamente si può considerare, riguarda la possibilità di non catapultarsi da un estremo all’altro di fronte al bivio che ci pone fra percorsi già battuti e sostenuti da metodi di problem-solving, e dall’altra parte la cieca (e forse irresponsabile) fiducia nella casualità delle circostanze.

D’altronde, è anche utile ricordare che la casualità potrebbe sempre essere una contingenza che solo apparentemente può sembrare legata al fortuito e all’imponderabile, in quanto non sarebbe da sottovalutare la legge della sincronicità, secondo la quale ogni evento è legato ad un altro secondo precisi principi che non sempre siamo in grado di cogliere. E forse è proprio questa capacità di analisi su questo macroscopico effetto domino, che potrebbe far sentire ciascuno di noi prezioso proprio come quel leggero battito di ali in grado di far sollevare onde nell’oceano.

In conclusione, credo sia possibile porsi in una sorta di ‘terza via’, che nel contemplare il ricorso a valide strategie di problem-solving, tenga anche conto di come intuito, casualità ed incertezza possano costituire ulteriori ingranaggi di uno stesso meccanismo, ovvero quell’opera complessa, magnifica e sfuggente che vivifica ed arricchisce la nostra esperienza, e che rende anche meno noiosa e scontata la stessa vita umana…. per fortuna! O forse no?

 

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