Fiducia Tradita: quanto c’è di nostro?

Inviato da Lucia Violi

Le relazioni umane che superano il livello di superficiale conoscenza, fino a strutturarsi in un legame solido, sia esso d’amore o di amicizia, subiscono violenti scossoni e a volte si rompono senza possibiltà di rimedio alcuna, nel momento in cui viene tradita la fiducia. Ma che cos’è la fiducia?

Secondo Antonio Mutti, può essere definita «come un’aspettativa di esperienze con valenza positiva per l’attore, maturata sotto condizioni di incertezza, ma in presenza di un carico cognitivo e/o emotivo tale da permettere di superare la soglia della mera speranza»: in pratica diamo fiducia perché ci aspettiamo qualcosa di buono dall’altro, ma non ne siamo certi, tuttavia le cose che sappiamo (il carico cognitivo) e quelle che sentiamo (carico emotivo) sono qualcosa di più di una mera speranza, quindi dopo aver fatto una sintetica ricognizione dei costi e dei benefici futuri, abbandonando le esitazioni, ci inoltriamo nel rapporto fiduciario.

 

Sottolineo quanto sia importante che l’aspettativa non sempre viene esplicitata, dando per scontato che si condividano una serie di “patti” impliciti, pilastri alla base del legame stesso.

A questo bisogna aggiungere quanto sia di fondamentale rilevanza la dimensione interpretativa individuale, nei confronti del mondo circostante. Noi abbiamo un costante bisogno di spiegare i fatti, di metterli in un certo ordine che sia logico, coerente e sufficientemente esauriente da fornirci, tramite questa organizzazione cognitiva, una trama dei fatti, che non spieghi solo l’accaduto, ma possibilmente anche il perchè dell’accadimento stesso.

Interpretare è una delle attività cardine del pensiero umano. Ma spesso dimentichiamo che l’interpretazione è un riempire gli spazi vuoti, corrispondenti a tutte quelle informazioni e a quei dati di realtà che il mondo circostante non ci fornisce. Da una serie di elementi, costruiamo una storia (script) che abbia un senso per noi, e se essa è sufficientemente congruente con la nostra convizione sul funzionamento delle cose, la prendiamo per vera. Dimentichiamo quindi di essere partiti da una serie di elementi anzichè dal Tutto.

Il modo in cui ciascuno di noi riempie le caselle vuote, dipende da diversi fattori: conoscenza del mondo, esperienze pregresse, atteggiamenti di base verso gli altri, convinzioni su se stessi, immedesimazione e sostituzione della propria individualità a quella altrui (al suo posto io…). E’ evidente la conclusione: ciascuno di noi interpreta ciò che non sa, in modo differente.

In una relazione in cui abbiamo messo in gioco molto di noi stessi e in cui abbiamo investito emozioni profonde, il mix fra aspettative inespresse e interpretazioni personali, innalza di molto il rischio di avvertire tradita la fiducia. La reazione (delusione, rabbia, tristezza, ritiro, chiusura, evitamento, distacco…) può essere avvertita in modo talmente violento, da portare a conclusioni categoriche che possono non lasciare spazio al beneficio del dubbio, ovvero ad interpretazioni alternative.

Questo non lo scrivo certo per giustificare i mariti o le mogli colte a letto con l’amante (situazione che assomiglia piuttosto a un dato di realtà), ma per stimolare tutti noi alla riflessione su quanto ci mettiamo di nostro (della nostra storia passata, delle nostre aspettative, del nostro modo di cogliere gli elementi e di collegarli, del nostro modo di preservare la coerenza su come crediamo che le cose funzionino) nel sentirci traditi. E poichè c’è tanto di nostro, il modo migliore per uscire dalle trappole cognitive è sospendere il giudizio e chiedere alla controparte informazioni su quei tasselli mancanti. Esplicitare le aspettative è indice di un rapporto interpersonale sano, in cui ci si permette reciprocamente di “buttare giù le carte”, di confidare le priorità e i bisogni non negoziabili. Esprimere la sensazione provata di tradimento e le motivazioni correlate rappresenta la conquista da parte del legame di un livello superiore di autenticità e intimità.

Una dimensione in cui si può evitare l’accusa altrui nata da un fantasticare e poi dedurre situazioni spiacevoli (che forse non sono avvenute), riservando le stesse energie per ascoltare l’altro, ascoltare se stessi ed esprimersi apertamente, mostrandosi all’altro per ciò che si è.

E credo che forse questo momento, talvolta enormemente faticoso, racchiuda la più grande manifestazione di autentica fiducia.

Lucia Violi

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