c'era una volta...


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c'era una volta...

 

            c'era una volta la nostra età dell'oro e non è una favola, è il ricordo abbellito e accattivante di una situazione del nostro passato, è l'emozione esaltante del presente, densa di nostalgia con cui riviviamo una precisa nostra condizione di un tempo, è la giovinezza, trascorsa sì, ma trasformata più o meno inconsapevolmente in noi così da mostrare soltanto ciò che di positivo ci ha donato, nascondendo difficoltà, delusioni e tanta tanta fatica (una fatica che, ahinoi!, modella ancor oggi il nostro sentire, i nostri comportamenti, le nostre reazioni...)

            Durante la nostra età dell'oro, non solo noi eravamo felici, lo erano anche gli altri e le disavventure della vita venivano superate con grande forza d'animo e l'aiuto degli amici, quelli veri, che quella volta esistevano, era la gioia del sabato pomeriggio libero dal lavoro o dallo studio, la passeggiata della domenica, il gusto del primo gelato al cono della stagione, delle chiacchierate ed anche delle liti tra vicini che quasi sempre si stemperavano e finivano per rafforzare un comune intendere e una concreta solidarietà, era l'uscio di casa sempre aperto o con la chiave nella toppa così che da fuori chiunque e in qualsiasi ora del giorno potesse aprirlo  -chi mai verrebbe a rubare in  casa nostra?

era la rassicurante convinzione degli adulti-, ed è così che a qualsiasi ora poteva entrare in casa la vicina a chiedere un piccolo favore, con l'immancabile promessa (quasi sempre mantenuta) che l'avrebbe restituito o a portarci una piatto di polenta ben condita ancora fumante per condividere l'atmosfera festosa della propria famiglia nei primi giorni di un freddo inverno, era il chiasso delle gite fuoriporta, rare e indimenticabili forse anche per questo, insieme ai familiari ai conoscenti e a persone che neppure conoscevamo ma che si aggregavano a noi, tanto, pane e frittata ce n'era per tutti, era il sapore mai più così buono del pane e poco di più, era la gioia di condividere quel poco che si aveva con quel tanto che si era.

            È una facile tentazione raccontarsi così: c'era una volta questo o quello che valeva tanto  e ora non c'è più.

In fondo, è vero che la vita oggi ci ha distolti da valori e abitudini che avevano il grande pregio di darci consolazione, ma se riusciamo ad essere leali con noi stessi dovremmo riconoscere proprio noi abbiamo tradito quell'antico modo di vivere, ci siamo allontanati dai valori pochi e profondi che avevamo in animo di custodire, proprio noi ci siamo persi dietro chimere, confondendo bisogni e sogni, i desideri con i capricci.

            Anch'io credo che ci sia stata la nostra età dell'oro, era creazione del nostro sentire e volere. Ci sentivamo bene per un nonnulla perché la pienezza dell'anima era affidata a valori solidi nei quali credevamo e per i quali sapevamo impegnarci al limite delle nostre forze.

            Di questo, allora, raccontiamo, perché di questa forza positiva possano nutrirsi le giovani generazioni; l'esperienza altrui non serve e i giovani non hanno alcun desiderio di conoscere le esperienze di genitori e nonni "ai loro bei tempi". In effetti, a giovani a cui oggi è stato praticamente tolto il futuro occorre ben altro che il racconto di quanto una volta si era contenti di poco. Ora a questi giovani quasi nulla di materiale manca, ma quel che a loro è stato dato prima ancora che lo chiedessero ha loro impedito di costruirsi forza interiore, energia positiva, determinazione, quella resilienza insomma che è essenziale nella vita, così che vivono la difficile condizione di chi avverte confusamente il profondo disagio di anelare ad avere altro, pur possedendo tanto (cosa che gli adulti non mancano di sottolineare con tono di rimprovero, più o meno evidente). A questi giovani possiamo comunicare il significato più vero di quel nostro mondo, la nostra tenacia, la forza di superare gli ostacoli e correggere gli errori, la forza interiore che consente di usare pazienza e di saper attendere per ottenere risultati migliori.

            È questa la vera nostra età dell'oro, sempre disponibile anche se non più visibile, sommersa da montagne di futilità così ben confezionate che sembrano oro. Scaviamo,  andiamo a cercarla: ci restituirà la forza di re-agire e pro-agire anche in tempo di crisi, e, riscoperta la siderale lontananza tra avere ed essere, torneremo a desiderare di essere.

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

 

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