Divertirsi, che fatica...


 

 

 

Divertirsi, che fatica…

 

            Settembre…si ri-comincia.

Il problema che ci coinvolge e ingombra la nostra mente è quello di ri-prendere il lavoro, di programmare un nuovo anno di impegni e obiettivi o, per chi un lavoro non lo ha si fa più stringente l’esigenza di trovarlo per la propria sicurezza economica e soprattutto per non perdere quel filo di autostima che è rimasto, se è rimasto; proprio in questo momento propongo di spostare l’attenzione sul versante opposto, il divertimento, lo svago, la vacanza, su quel tempo libero (pochi giorni o un lungo periodo) che abbiamo ormai alle spalle.

            Tutti conosciamo, addirittura fin dai primi anni di scuola quella fitta dolorosissima che ci colpisce al cuore quando le vacanze stanno per finire: contiamo i giorni rimasti che ci separano dall’inarrestabile valanga di compiti e ci sentiamo mancare letteralmente le forze. Se poi ci volgiamo indietro verso il tempo inspiegabilmente volato via, la sensazione è ancora più amara: non riusciamo a cogliere momenti significativi, attività che ci hanno arricchito, che assomigliano almeno un po’ a quello che ci aspettavamo, non ci troviamo nulla dentro che ci nutra e compensi il dramma della fine di un’opportunità persa. Ecco è proprio questa la sensazione più faticosa da superare, quella di aver manacato un obiettivo desiderato, sognato magari per un anno intero.

 

            Eppure, che l’estate non sia quel meraviglioso periodo di tre mesi di tempo libero e divertimenti per piccoli e grandi, in fondo lo sappiamo; è uno stereotipo ben lontano dalla realtà, e allora come mai ognuno di noi contribuisce pervicacemente a tenerlo in vita, nonostante tutto, nonostante le ripetute esperienze che dimostrano ben altro?

            Tra i tanti motivi, due in particolare svettano: rifiutiamo di accettare di aver perso le opportunità che erano lì pronte per noi e andavano solo organizzate, e così, piuttosto che dedurne che le aspettative irrealistiche sono destinate a non realizzarsi, preferiamo, in forma silente quasi inconsapevole,  sostenere con noi stessi che il prossimo anno andrà comunque meglio.

            Come non riconoscere ancora un tributo di graffiante realismo che a questo proposito dobbiamo a Giacomo Leopardi?

 

[...]

Passeggere. Credete che sarà felice quest'anno nuovo?

Venditore. Oh illustrissimo si, certo.

Passeggere. Come quest'anno passato?

Venditore. Più più assai.

Passeggere. Come quello di là?

Venditore. Più più, illustrissimo.

Passeggere. Ma come qual altro? Non vi piacerebb'egli che l'anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?

Venditore. Signor no, non mi piacerebbe.

[...]

Passeggere. [...] Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?

Da Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere, Operette morali.

 

 

            Presi come siamo nel vortice di attività frenetiche, che ci trascinano da un  interesse piacevole ad un gravoso compito, in questo clima di iperattività che nasconde quasi sempre incapacità a fermarsi a riflettere, è certo che ci manca il tempo per vivere consapevolmente un’esperienza impegnativa, il rapporto con il nostro lavoro ad esempio, allo stesso modo e forse ancor peggio per vivere consapevolmente il nostro anelito al divertimento.

            Divertirsi non è tenersi occupati in qualsiasi gioco o svago, non è il non fare, non è il non aver compiti, non è dimenticarsi di sé, non è lasciarsi convincere dagli altri a cambiare le nostre abitudini sedentarie per ritrovarsi a compiere "gesta"  eclatanti, non è omologarsi a quelli che vediamo ridenti, liberi e senza orari, non è stare in comitiva con chiunque, non è sfrontatezza e rischio, non è l’osare oltre i nostri limiti, non è la meta invidiabile da raccontare, non è…

            Potremmo proseguire e riempire pagine di  ciò che il divertimento non  è, ma certamente ci sarà più utile scoprire che cosa il divertimento è. Il divertimento, è nostra personale, squisitamente individuale esperienza cognitiva ed emotiva importante: ognuno di noi  nella vastissima varietà di scelte ha  solo determinate modalità per divertirsi, solo quelle che rispondono alle sue individuali profonde esigenze. E dunque sarà solo un caso se, ignorando ciò che desideriamo veramente, troveremo divertente un qualsiasi tempo libero.

            Se è necessario quanto difficile definire il proprio ruolo nella famiglia, nel lavoro, nella società, non meno necessario e difficile è arrivare a comprendere le nostre più autentiche esigenze per rigenerarci e ritrovare noi stessi. E, come il nostro ruolo in qualsiasi contesto necessariamente va modificato continuamente per porci in equilibrio con la realtà, anche il tempo libero in noi e per noi muta nel tempo, libero da…o da… o da…

            Può apparire sgradevole che pensare al divertimento sia ancora più impegnativo che programmare un’attività lavorativa, ma la posta in gioco è molto alta proprio quando siamo in condizione di scegliere ciò che più ci piace, senza o quasi condizionamenti. Lo definirei un gesto di piena e autentica respons-abilità.

            E così, quando l’aria di vacanza cederà il posto alle responsabilità della routine, prevarrà la piacevole emozione di aver trascorso (ore o giorni) in confortante accordo con noi stessi…

 

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

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