CONOSCERE E PREVENIRE IL DISAGIO INTERIORE: Le 10 “d” del percorso ad ostacoli

Inviato da Nuccio Salis

lista controllo1. Nel provare a delineare un tracciato sequenziale, in merito alla descrizione ipotetica di un possibile percorso che conduce alla creazione di problemi e difficoltà, ho sintetizzato 10 passi che sembrano offrire un apporto certamente assai semplificato, riguardo allo sviluppo di un itinerario da conoscere per evitare di rimanere intrappolati nella sua insidiosa e beffarda corsia.
Ho chiamato questo itinerario “il percorso delle 10 D”, dal momento che tutti gli steps che vi prendono parte richiamano espressioni che cominciano con la lettera “d”. Tale percorso non può essere presentato naturalmente come esaustivo ma, ripeto, si propone all’attenzione di chi vorrà approfondirlo o confutarlo costruttivamente a fini di miglioramento e completamento.


Le opzioni distruttive che vi sono descritte, dovrebbero essere portate all’attenzione di chi ha deciso di guidare se stesso mediante progetti esistenziali di crescita personale, affinchè fungano da moniti eloquenti aventi il compito di informare ed allarmare sulla cattiva qualità di eventuali momenti o passaggi caratterizzati da forme espressive predisponenti al malessere piuttosto che al benessere. E dal momento che condizione di quest’ultimo non è semplicemente assenza o evitamento del primo, la condizione auspicata dovrà essere guadagnata mediante un impegno che preveda anche la piena conoscenza sui processi e sulle motivazioni che possono essere cagione delle proprie difficoltà esistenziali e, naturalmente, al tempo stesso, abbinare a ciascuna “prescrizione” da evitare, anche un atteggiamento di contro costruttivo e propositivo. Dopotutto, per fare un esempio, una persona in sovrappeso non vorrà sentirsi dire soltanto l’elenco del cibo a cui dovrà rinunciare, ma anche una lista alternativa di ciò che invece potrà mangiare in tutta tranquillità.
Come si arriva, dunque, molto schematicamente, all’espressione di un disagio interiore?

 

2. Partiamo dalla prima D:
_ DEPRIVAZIONE: La crescita psichica e la maturazione fisica e motoria che vi si congiunge, ricevono un decisivo sollecito dalle stimolazioni ambientali che ci circondano fin da quando siamo stati bambini. Un flusso non adeguato di stimoli, sia per quantità che qualità, che sia per esempio caratterizzato da una sottrazione di inputs da destinare all’organismo in crescita, può dare luogo a un esito decisamente sconfortante nel quadro di un auspicato sviluppo regolare. La mancanza di segnali atti ad eccitare risposte attive può dar luogo a stati di ritiro, ipotonia, vissuti di abbandono, angoscia e depressione e, in taluni casi, perfino la morte. Nutrire l’organismo psichico è dunque la condizione prima per poter assicurare allo stesso il senso della sua presenza nel mondo, prevenendo una derivata passività catatonica in associazione con una completa mancanza di cure.
Alla deprivazione, allora, opponiamo il motto “benvenuto alla vita!”, che denoterà un atteggiamento di accoglienza e premura verso chi è fiorito all’esistenza con una nuova fame di stimoli.
_ DESENSIBILIZZAZIONE: Dal momento che la lettura dei passaggi è da considerarsi algoritmica, tale evento altro non è che la naturale ed immediata conseguenza della prima condizione. Con tale espressione si fa riferimento a quel fenomeno secondo il quale, infatti, l’organismo comincia a rispondere con una autoprocurata reazione di congelamento sensoriale, rifiutando cioè il contatto con gli stimoli vitali, rinunciando a provare le sensazioni, siano esse di piacere o di dolore. Nelle prime fasi della vita, tale affrancamento dalle sensazioni potrà essere circoscritto alla mera sensibilità fisica e propriocettiva, per estendersi poi, salvo trasformazioni evolutive, in modelli più globali nella vita adulta.
_ DECENTRAMENTO DA SE’: Queste condizioni precedenti favoriscono l’innesto di una spontanea e verificabile conseguenza, ovvero una graduale incapacità nell’affermarsi come un Sé globale e differenziato. L’individuo, non compiendo fin dalle fasi preliminari della crescita, l’esperienza senziente dell’autoesplorazione e della ricerca di sé in termini identitari, non guadagna un proprio status consapevole e, privo di coordinate psichiche che gli conferiscano una precisa posizione e motivazione esistenziale egli procede la sua vita pressappoco automaticamente, dimenticandosi di se, autorelegandosi in un oblio da cui si determina la caratteristica successiva:
_ DISCONOSCIMENTO: Il soggetto non sarebbe cioè capace di rispondere alla domanda “chi sono?”, si intende in termini maturi dal punto di vista identitario ed esperienziale. Egli si espone in tal modo al rischio della frammentazione identitaria. Sviluppa in sintesi una sorta di “Io debole” [minima ego] che pur avendo una rudimentale percezione di se, potrà a questo punto molto difficilmente valorizzarsi per ricercare nuove e più sane prospettive di autoaffermazione.
_ DISISTIMA: A conseguenza di ciò, si viene facilmente imbrigliati sotto il cappello di una più o meno grave e deleteria disaffezione di se. Se non mi conosco, non posso cogliere la meravigliosa ricchezza interiore di cui sono già portatore e che posso ulteriormente sviluppare, e di conseguenza non posso né apprezzarmi ed amarmi. La recrudescenza del malessere interiore ora si sta palesando con maggiore chiarezza, a mio avviso.
_ DIFESA REATTIVA: ... e chi non si ama non può condurre una vita sana, poiché non potrà riconoscersi meriti, vittorie, successi, talenti e altre preziosità che ciascuno di noi possiede. Per evitare dunque una destabilizzante implosione di tutto l’equilibrio interno, la mente provvede a far scattare automaticamente meccanismi di conservazione della propria limitata visione delle cose, che ci obbligherà a paralizzarci dentro una rappresentazione della realtà non disturbante, a patto che non dissentiamo, dissociandoci da questo ricatto e scegliendo di crescere e di acquisire la verità, nonostante le implicazioni che comporterà. Ma se gli strumenti di cui disponiamo sono ancora piuttosto elementari, una lente deformante ci porterà alla prossima conseguenza, ovvero…
_ DISTORSIONE: Cioè quel processo secondo il quale la realtà viene ricondotta ai collaudati parametri di lettura che abitualmente la colgono senza troppi sforzi ma nemmeno vantaggi essenziali per l’evoluzione ed il miglioramento. Mediante la distorsione della realtà viene mantenuta l’idea di se, del mondo e degli altri, in una triade maledetta che autoalimenta l’inganno percettivo e l’illusione di poter scegliere, decidere e programmare. Salvo poi pagare l’inevitabile scotto:
_ DISTONIA: Anche se non si è molto consapevoli e riflessivi sulla propria condizione esistenziale di non agio, una continua identificazione adesiva su modelli impersonali che ci rimandano connotazioni negative di noi e degli altri in relazione a noi, seguiterà comunque ad agitarsi rimandandoci diversi trilli di allerta, mediante disgrazie, malattie, eventi “accidentali” coi quali una parte interna che lotta contro e a favore nostro al tempo stesso, vuole richiamarci ad un motto di vita pienamente libera ed autentica. Queste due forze avranno come sede di confronto il soggetto medesimo che ne è direttamente coinvolto, portandosi dentro un personale armageddon che provoca certamente lancinanti sentimenti di contrasto e confusione.
_ DIPENDENZA: La difesa reattiva quindi non basta. L’equilibrio è conservato, ma la pulsione evolutiva che ci riempie e trabocca da ogni parte di noi continuerà a lottare e programmare le proprie istanze, nel tentativo di rovesciare l’ordine dei concetti che si sono annidati. Il soggetto non potrà darsi pace per questa situazione, e per renderla sopportabile escogiterà pur un modo per gestire un tale carico di conflitto interiore. La reazione diviene cioè affiorante nella superficie delle decisioni, almeno apparentemente. E così il soggetto sceglie un obiettivo succedaneo che lo nutra di un transitorio ed illusorio appagamento. Una sorta di nuovo “oggetto transizionale” che inietti un abbondante dose di intorpidimento anestetico che faccia dimenticare il male principale.
Si tratta di una fuga nella matrix che sottrae il soggetto al compito delle proprie responsabilità e delle sue opzioni di fronteggiamento. Ma il prezzo del cambiamento è troppo alto da pagare. “Ormai… sono fatto così”, è una canzone stonata che riempie la bocca dei molti.
_ DISAGIO: L’apoteosi di tutti questi passaggi può culminare nell’espressione evidente di un disagio. L’individuo manifesta in pratica il proprio disadattamento mediante forme distruttive per se o antisociali per l’altro da lui. La capitolazione è dovuta a una persistente resistenza che frappone ostacoli nell’ascoltarsi e redimersi da una pressante ritualità che svuota di senso e che mortifica la pienezza di cui ciascuno di noi è ammantato.

 

3. Una sorta di piramide cerchiocentrica potrebbe caratterizzare tali passaggi, definendo parallelamente anche le alternative da proporre per ogni fase.
Per ciascuna di esse, inoltre, può essere captato intuitivamente un determinato livello di difficoltà, che mi pare essere crescente all’interno del modello descritto e proposto.
Spetta ad ogni operatore dell’aiuto verificare insieme al cliente quale caratteristica e quindi quale corrispondente misura attribuire nei vari gradi di difficoltà al vissuto del medesimo. Il solo fatto di trovare disponibilità in un eventuale cliente nel poter affrontare validamente tale discorso, sarebbe un eccellente indicatore di un latente desiderio trasformativo da accogliere con tutto il beneficio della speranza, investendo nella volontà di liberarsi da una qualunque forma di deleteria dipendenza e schiavitù.
 

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