Happy Hour

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Sono solo alcuni dei gruppi adolescenziali che hanno attraversato gli ultimi decenni a partire dagli anni 60. Ogni gruppo con un loro credo, una propria tipologia di abbigliamento e un preciso genere musicale di riferimento, aspetti che consentono loro di identificarsi tra la massa dei giovani. Gruppi spesso rivali che si scontrano nelle piazze (come è avvenuto recentemente a Roma tra Emo e Truzzi). Alcuni gruppi politicizzati, altri in aperto disimpegno politico. Nel corso degli anni si è passati dall’idolatria di Che Guevara a quella di Homer Simpson.

Un’altra tipologia gruppale la troviamo sugli spalti degli stadi, i famosi ultras a cui sono seguiti gruppi che evocano l’ambiente militare: Commandos, Brigate (nerazzurre, rossoblu, bianconere ecc.). Aggregazioni che spesso hanno fatto uso della violenza dentro e fuori lo stadio. Ricordiamo le scorribande degli Hooligans britannici nelle piazze di tutta Europa. La cultura giovanile, nasce in un determinato contesto storico e sociale e per questo non necessariamente è esportabile. Le Ghotic Lolita ad esempio sono un fenomeno tipicamente giapponese.

E’ chiaro che la vigente globalizzazione tende a facilitare l’acquisizione di modelli culturali su una scala più ampia. La maggior parte dei movimenti giovanili esprime il tentativo di differenziarsi dalla cultura nella quale vivono. Il desiderio di distinguersi si estrinseca soprattutto esteticamente perché il primo passo per manifestare la propria presenza è rendersi visibili rompendo totalmente con i canoni estetici abituali. L’omologazione all’interno è però un’arma a doppio taglio perché al di fuori del gruppo perdi la tua identità e devi fare i conti con la vita reale.

Alcuni movimenti giovanili del dopoguerra hanno al contrario, espresso il dissenso col presente identificandosi con quei gruppi umani ritenuti vittime, come i neri degli Stati Uniti, i Palestinesi o i Vietcong. Essere solidali con le vittime per distinguersi dai persecutori identificabili nelle classi dirigenti del sistema occidentale. Nel 68 il sistema occidentale venne messo in crisi dal movimento di protesta iniziato col maggio francese ma la protesta si fece strada anche oltre cortina. Nel 68 la Primavera di Praga venne schiacciata dall’invasione sovietica. Nel 69 il giovane Ian Palach si immolava in Piazza San Venceslao a Praga per sostenere la voglia di libertà di molti giovani cecoslovacchi. Che Guevara rimase idolo dei giovani occidentali, Ian Palach no.

La politica aveva preso il controllo sul movimento nato nel 68. L’attualità ci riporta alla constatazione della mancanza di ideali da parte dei gruppi giovanili. Si vive sull’individualismo, sull’egoismo, sul consumo. Gli stessi gruppi sono ormai a tempo “determinato” sfaldandosi di fronte ad un mondo dalla mentalità aziendale che li ignora. Probabilmente non offrono più un supporto affettivo e allora diventa più agevole associarsi a gruppi virtuali su Facebook o Twitter. Qui è più facile sentirsi qualcuno pur mentendo a se stessi. Più si hanno amici virtuali e più si acquisisce importanza. Il tutto ci trasmette un sentimento di tristezza, un’apatia ed una solitudine che si sono insinuate nei giovani di oggi. Ricorrere all’Happy Hour, all’ora “felice”, annebbiando la realtà dentro un drink per molti diventa la soluzione.

Altri preferiscono vivere alla giornata, senza uno scopo preciso, come fanno i punkabbestia che adottano cani per mostrare il loro vivere come le bestie. Protesta o nichilismo tutto ciò contribuisce a mantener viva l’attuale società “aziendale” che nella relatà è il vero problema.

Non solo dei giovani.

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